La notizia di ieri, riguardante l’impossibilità di schierare Forlan in Champions League fino a febbraio, ha lasciato esterrefatti i tifosi nerazzurri e non solo. Come è possibile che una società come l’Inter commetta un tale ingenuità? Come mai i dirigenti, in particolare Branca, il direttore dell’area tecnica, e Paolillo, il direttore sportivo, non hanno consultato il regolamento prima di acquistare l’uruguaiano? Viene giustamente da pensare che si sarebbe potuto strappare il giocatore a un prezzo inferiore e che la dirigenza dell’Atletico Madrid si sia presa gioco dei rispettivi colleghi interisti.
Ma la vicenda di Forlan è solo la ciliegina sulla torta di un’estate caratterizzata dall’apparente assenza di una benchè minima programmazione in casa interista. Dall’esterno la sensazione che dava la dirigenza era quella di procedere a tentoni. Inizialmente sembrava che la società volesse puntare su Tevez, poi è cominciato il tormentone Palacio, alla fine è arrivato Zarate. Non è andata meglio sul fronte cessioni: all’inizio sembrava che dovesse partire Sneijder, per la difficile collocazione tattica nello scacchiere di Gasperini, ma poi l’olandese è rimasto e se n’è andato Eto’o, decisamente più adatto al nuovo sistema di gioco.
Risulta davvero difficile trovare il filo conduttore di questo mercato. Emblematico è proprio il caso di Sneijder: ha giocato la Supercoppa Italiana con le valigie a bordo campo e il biglietto aereo già pronto con destinazione Manchester. Ma all’improvviso è tutto svanito e l’olandese è rimasto. A quel punto sono arrivati due emissari di un club che nessuno aveva mai sentito nominare, e in due settimane ci hanno portato via Eto’o, sventolando assegni milionari. Come sembrano lontani i tempi in cui era Moratti il paperone d’Europa.
Dispiace vedere una società così debole, perchè una dirigenza forte è il primo requisito per creare una squadra vincente in Italia e in Europa. Sembra di essere tornati all’epoca pre-Calciopoli e appare davvero lontano anni luce il mercato ragionato e parsimonioso dell’anno del Triplete, che permise di chiudere con un attivo e di costruire l’Inter più vincente di sempre.