A scendere in campo a Mosca è una squadra rimaneggiata, ma quadrata. Fin dall’antichità è sinonimo di perfezione e l’Inter del primo tempo la rasenta. Sia chiaro, non parliamo delle artistiche coreografie del Barça o della minuziosa infallibilità del Real; ma vista la quasi totale mancanza di qualità (eccetto quella che avrebbe dovuto dare un evanescente Alvarez) l’Inter fa fin troppo. L’uno-due di Lucio e Pazzini stordisce i russi, le cui trame sono belle ma inconcludenti. Solo nel finale di tempo il Cska passa su punizione, generata dall’ennesimo fallo inutile di Samuel.
Nella ripresa l’Inter orfana di Pazzini, evidentemente influenzata dalle strategie russe antinapoleoniche, si ritira sempre più all’interno dell’area di rigore facendo terra bruciata intorno a sé. A un certo punto i nerazzurri sono talmente arretrati che Vagner Love arriva a un passo dalla porta e uno stremato, e fino ad allora perfetto, Lucio non riesce ad evitare la cannonata del connazionale.
A quel punto arriva il protagonista che non ti aspetti. A togliere le castagne dal fuoco ci pensa quel Maurito Zarate che ricorda tanto il Pierre Bezuchov di Tolstoj, che abbandona la dissolutezza per caricarsi il peso della famiglia sulle spalle. Così fa l’argentino, che su precisa imbeccata di Cambiasso, si prende la responsabilità di rilanciare i nerazzurri con una perla degna dei più preziosi gioielli dei Romanov. A Mosca è la vittoria dell’argentino. Anzi, degli argentini, tutti in campo nell’attacco russo a spada tratta del finale di gara, guidati da un Cambiasso solo lontano parente della copia sbiadita scesa in campo con Gasperini. Ma è anche la vittoria degli italiani, i soli due che bastano in questa rinata Inter: Pazzini e Ranieri. E a Krasic, ex del campionato russo, che in settimana aveva detto “I nerazzurri sono in crisi, con Ranieri non è cambiato molto”, consigliamo di vedere le partite di Champions League. Anche solo per vedere l’effetto che fa.
Giovanni Cassese
This post was last modified on 28 Settembre 2011 - 13:51