Ormai è diventata un’abitudine in questo periodo. Sfruttando la situazione difficile in cui versano i nerazzurri, Benitez e Gasperini non fanno altro che parlare dei problemi di società e squadra, concedendo interviste in cui rivendicano sostanzialmente una diversa distribuzione delle responsabilità.
Ieri sera il tecnico di Grugliasco è intervenuto durante la trasmissione “Controcampo” per analizzare la sua avventura sulla panchina dell’Inter. Gasperini ha puntato il dito contro la società, come se lui, deputato a mandare in campo i giocatori, non avesse nessuna colpa del fallimento nerazzurro. Peccato, però, che i risultati parlino chiaro: cinque partite ufficiali e nessuna vittoria sotto la sua gestione.
L’ex allenatore del Genoa, già ad agosto, ha sentito che il suo progetto non sarebbe decollato: “C’è stato un mercato atipico rispetto agli altri anni, non si pensava che andasse via Eto’o. Ero convinto di avere un attacco con Eto’o, Pazzini, Milito e Palacio. Si sapeva però che l’intenzione era cedere Sneijder, se fosse arrivata un’offerta importante. In ogni caso la squadra era competitiva a prescindere“.
Ma l’errore più grave, secondo Gasperini, “è stato far credere che la difesa a tre fosse il vero problema. Questa è una mancanza di rispetto, anche da parte del presidente Moratti. In pratica le mie idee venivano attaccate ancora prima che iniziasse il campionato“. Poi qualche parola anche sul lavoro di Claudio Ranieri: “Non credo ci fosse qualcosa da ‘aggiustare’. Non ho mai messo un centravanti a fare il difensore o viceversa“.
Alcuni passaggi delle dichiarazioni di Gasperini sono sicuramente condivisibili: il mercato tutt’altro che eccezionale e l’opera di delegittimazione operata dalla società, sono attenuanti che vanno prese in considerazione. Allo stesso tempo, però, il tecnico piemontese ha dimostrato poca elasticità durante la sua gestione, volendo modificare a tutti i costi le abitudini di un gruppo decisamente poco propenso alle rivoluzioni.
In tal senso, l’avventura di Gasperini ha una certa somiglianza con quella di Benitez. Entrambi volevano dare un nuova identità all’Inter, disegnando nuove soluzioni tattiche. Ma i loro progetti potevano avere un senso solo se la società avesse operato un cambio radicale, una rivoluzione dell’organico con uno sfoltimento e ringiovanimento della rosa tale da poter dare vita a un nuovo ciclo.