E’ già capitato che la Juve ci abbia sconfitto da quando è tornata in A. Ma il dramma non è quello. L’Inter ieri sera è stata arrendevole e impotente davanti a una squadra mediocre, quale è la Juventus di ora.
E non è la prima volta in questo inizio di stagione. Mediocre era il Trabzonspor, i cui mediocri giocatori racconteranno ai nipotini di aver battuto i campioni del mondo in casa. Mediocre è buona parte della serie A: squadre come il Novara nelle precedenti edizioni del campionato italiano (che inspiegabilmente biancorossoneri e soci si ostinano a definire “mediocri”,appunto) non sarebbero arrivate a dieci punti. Eppure si sono fatte beffe di gente come Sneijder e Forlan.
E allora il sospetto sempre più fondato è che anche l’Inter si sia accodata all’andazzo generale, adagiata sulla mediocrità. Gli anticonformisti nerazzurri del passato sono diventati “comuni mediocri” , emarginati e incapaci di emergere in un contesto calcistico in cui loro non possono farlo. E così, per rifarci all’attualissimo “This Must be the place” di Sorrentino, scendono in campo undici Cheyenne: rockstar amate e di successo, che dei tempi di gloria conservano solo l’eccentrico aspetto.
Ci troveremo per tutto l’anno a parlare il giorno dopo la partita degli interventi sbagliati di Chivu, delle disattenzioni di Nagatomo, dei buchi in mezzo al campo lasciati da Cambiasso, dell’immaturità di Obi, della testardaggine di Zarate, dell’inconcludente irascibilità di Sneijder e così via.
Ma non sono questi i problemi principali. O meglio, è la somma di tutte queste rogne che portano a un’unica conclusione: questa squadra non ne ha più. Un modulo azzeccato, una punizione all’incrocio, una parata miracolosa, un assist geniale potranno solo allungare l’agonia e rischiare di far “morire di speranza” i tifosi nerazzurri . Perché – è triste constatarlo – talvolta la speranza è un male.
Fin quando questa squadra non sarà rifondata potremo solo continuare a vagare con il nostro bagaglio ricco di ricordi. Ma quella valigia è di giorno in giorno più cigolante.
Giovanni Cassese