Estate 2009: Zlatan Ibrahimovic, appena laureatosi campione d’Italia con l’Inter e capocannoniere della Serie A con 25 reti in 35 gare disputate, accusa un mal di pancia di proporzioni bibliche, incurabile, se non dal Dottor Raiola. La medicina si chiama FC Barcellona, neo campione d’Europa con una squadra stellare. Ecco, è lì che Ibra vuole andare, per raggiungere quei traguardi internazionali che in nerazzurro pensava di non poter mai raggiungere. Moratti lo accontenta, dalla Catalunya arriva un assegno da 45 milioni di Euro accompagnato da Samuel Eto’o. Come andò a finire, è storia nota. Ma a noi, piace ricordarlo. Aprile 2010, semifinale di Champions League: l’Inter di Josè Mourinho elimina il Barcellona di Ibra dopo averlo surclassato 3-1 a San Siro per poi difendere con i denti al Camp Nou la qualificazione alla finale. 25 Maggio 2010: a Madrid, l’Inter si laurea campione d’Europa per la terza volta nella sua storia superando 2-0 il Bayern Monaco con una leggendaria doppietta di Diego Milito.
Dopo esser passato nelle gerarchie di Guardiola a fare la riserva perfino di Bojan, alla fine Ibra scappa al Milan e rivela che, col fido e scaltro agente Mino Raiola, i due hanno fatto credere alla dirigenza blaugrana di avere un’intesa col Real Madrid, quando in realtà si erano già messi d’accordo con il Milan. I catalani, terrorizzati all’idea di vedere lo svedese vincente in blanco, lo vendono sottoprezzo ai rossoneri, a 25 milioni. Adesso, a distanza di poco più di un anno dal suo ritorno a Milano sull’altra sponda del Naviglio, Zlatan Ibrahimovic ha voluto svuotare il sacco, rivelando alcuni retroscena della sua avventura a Barcellona in un’autobiografia. Non è un mistero, lui e Guardiola non si sopportavano: nel 2010, dopo una partita di Liga con il Villarreal, seguita alla disfatta con i nerazzurri, lo svedese insultò gravemente il tecnico: “Non hai i coglioni, non vali un cazzo rispetto a Mourinho. Puoi andare all’inferno”. Ibra confessa di essere letteralmente impazzito e che non avrebbe voluto essere nei panni di Guardiola in quel momento. L’antipatia tra i due, confessa ancora lo svedese, nasce dal momento in cui Guardiola decide che Messi farà la falsa punta, costringendolo prima a giocare da esterno, poi in panchina.
Per Guardiola tutti sono uguali, anche l’extraterrestre Messi: “Nello spogliatoio c’era un silenzio assoluto, lui, Xavi e Iniesta si comportavano come gli studenti che a scuola obbediscono senza protestare“. Probabilmente, il segreto di questa squadra stratosferica, è proprio questo: niente prime donne, anche se ti chiami Leo Messi. Figuriamoci se ti chiami Zlatan Ibrahimovic.