La terribile alluvione che ha devastato la parte bassa di Genova, provocando sette vittime, tra le quali due bambine, ha inevitabilmente indotto a sospendere la partita in programma domenica 6 novembre a “Marassi” tra Genoa e Inter. I torrenti in città sono esondati e la pioggia abbondante ha allagato case e negozi. Centinaia di persone sono state evacuate dai vigili del fuoco e la situazione è piuttosto angosciante e drammatica. Dopo una breve interruzione, la pioggia ha ripreso a cadere con forza sulla città, accompagnata da violente raffiche di vento che alimentano i problemi.
La decisione di rinviare la partita con i Grifoni è stata quindi inevitabile da parte della Lega Calcio, considerando anche che la zona di Marassi è una delle più colpite dall’alluvione. Anche il direttore generale nerazzurro Ernesto Paolillo, ha voluto esprimere tutto il suo rammarico per la situazione: “Rinviare la gara è stata la decisione più giusta che ci trova completamente d’accordo. Siamo vicini alla città di Genova: ci sono dei bambini che sono venuti a mancare e il nostro pensiero va alla gente che sta soffrendo”. Anche Claudio Ranieri, si è mostrato solidale con i genovesi: “Nel vedere quelle immagini ti si stringe il cuore, per questo siamo vicini moralmente, con il pensiero agli alluvionati. Sono immagini tremende e auguriamo ogni bene a tutta la popolazione ligure. Veramente, adesso il calcio passa in secondo piano“. Il quesito che viene spontaneo da porsi è come sia possibile che in un paese come l’Italia possano ancora succedere queste cose.
Tali tragedie sono e saranno sempre più frequenti. In città, a Genova, i corsi d’acqua sono stati cementificati, canalizzati e tombati, cioè coperti, nascosti. Come si fa spesso in Italia, cercando di coprire e nascondere temporaneamente quelle falle che sono l’origine dei problemi di tutto il paese. E il calcio non poteva far altro che fermarsi, per aiutare a riflettere e per non lasciare soli almeno con il cuore i genovesi. Perché in queste circostanze, lo sport passa in secondo piano. Per recuperare una partita c’è sempre tempo, per ridare la vita alle persone no.