“Le cose migliori arrivano per caso” si dice spesso per dar coraggio. Ma ciò che dà speranza spesso toglie spirito d’iniziativa, relegando le persone in un limbo di attesa di ciò che verrà, di ciò che deve venire. E’ questa la storia di Coutinho, spostato da un angolo all’altro, sempre relegato ad aspettare. “Verrà il suo momento” dicevano tutti, ma nessuno gli regalava il momento che meritava. E allora ci ha pensato il caso a regalargli quel momento, perché a volte anche le più scontate frasi fatte nascondono una verità.
L’infortunio di Sneijder a pochi minuti dall’inizio del match regala il campo a Coutinho e la panchina ad Alvarez, destinato alla tribuna (perché il caso, quando decide di mettersi in moto, lo fa per bene). Il primo tempo nerazzurro regala due grandissime emozioni (le traverse di Pazzini e Zarate) e tanta monotonia. L’unico che prova a spezzarla è il folletto verdeoro, che non brilla ma è l’unico a generare gli “oooh” di speranza del pubblico quando tocca palla.
Il secondo tempo porta in dote l’uscita di Zarate e il conseguente spazio sulla trequarti per la fantasia di Coutinho. Il brasiliano decide che il tempo dell’attesa è finito: dribbling, assist e finalmente un gol che conta, quello che alla fine sui tabellini risulterà come il “gol-vittoria”. Coutinho dà a questa squadra la combinazione di tutto ciò che manca, ciò che serve, ciò che gli altri non possono dare: dà freschezza a una squadra vecchia, dà speranza a un gruppo sfiduciato, dà vivacità a una manovra lenta. E pazienza se al 68’ è costretto ad uscire perché il suo fisico, ancora troppo esile per questi livelli, è vinto dai crampi.
Ci pensa Alvarez, galvanizzato dalla vitalità del compagno di reparto, a proseguire la sua opera. L’argentino gioca da regista dislocato in avanti: tutte le azioni passano per i suoi piedi (anche se sarebbe meglio dire “piede”) e in tutti e due i gol nerazzurri c’è il suo zampino. Per quanto lento e talvolta ripetitivo il suo potenziale enorme gli permette di superare costantemente gli avversari, che spesso riescono a fermarlo solo con i falli, perlopiù non fischiati. La sua ammonizione per proteste vivaci non può che far piacere ai tifosi che in tutte le precedenti uscite gli hanno rimproverato l’apatia.
L’Inter cresce insieme ai suoi giovani: è il segnale che questa squadra ha bisogno di rinverdirsi. E se a dare il buon esempio ai piccoli della famiglia è un “nonno” come Zanetti, non c’è dubbio che talenti come Alvarez e Coutinho cresceranno ben educati.
Giovanni Cassese