Adesso basta. Stavolta è stato varcato il limite. Non è l’ennesima sconfitta a infastidire. La partita di ieri sera puzza di provocazione, di una sfida lanciata ai pochi che ancora riescono a sostenere – o anche soltanto seguire – i colori nerazzurri. Il rispetto e la gratitudine verso questa squadra non devono sfociare nel vile asservimento alle decisioni di una società in evidente difficoltà. I campioni che con annate da favola hanno conquistato la venerazione dei propri sostenitori devono scoprirsi del velo di intangibilità da cui credono di essere coperti e rimboccarsi le maniche per dimostrare che, pur essendo sul viale del tramonto, hanno ancora qualcosa da dare alla causa nerazzurra, seppur fortemente ridimensionata.
E’ vero che la lentezza di Alvarez è deprimente. Ma gli stop di Milito o i lanci svirgolati di Cambiasso non sono da meno. Non è giusto che i fischi – e le sostituzioni – colpiscano solo i giovani, che di questa spregevole situazione sono gli ultimi responsabili. Non essere pronti per gli alti livelli per i giovani è una colpa, ma non essere consci dei propri limiti per i veterani è un reato. Così Chivu si ostina a voler spingere inutilmente sulla fascia e a recuperare poi la posizione a passo d’uomo, lasciando il buco da cui poi proviene il gol; Cambiasso insiste con lanci insensati, mai riuscitigli, neanche nei momenti più luminosi della sua carriera, sempre più in fase calante; Milito prova improbabili tiri a giro col piede debole, quando non gli riesce neanche uno stop col “fu magico” destro; Stankovic entra “fresco” dalla panchina per correre alla metà della velocità altrui. Intanto l’oggetto del mistero Poli e Castaignos, impalpabile ma almeno decisivo la scorsa settimana, osservano e imparano dai veterani – o almeno dovrebbero – seduti comodamente in panchina.
E’ difficile chiedere prestazioni a chi ha ancora così poco da dare. Ogni tifoso nerazzurro si accontenterebbe dell’impegno, quello che due icone del calcio – non solo dei colori nerazzurri – assicurano sempre alla causa. Parliamo di Zanetti e Samuel, i due che probabilmente risulteranno “più colpevoli” agli occhi dei critici – o presunti tali – di questo gioco. Il capitano vede sventolarsi sotto gli occhi il primo cartellino rosso in campionato in 548 partite, dopo aver corso in lungo e in largo per tutto il match, per una chiusura maldestra dovuta all’immobilità dei compagni, con molti meno anni alle spalle, rispetto ai suoi trentotto. Il “muro” invece si ritrova a battersi da solo contro due sull’azione del gol, mentre Chivu trotterellava lentamente verso la sua area. Mai domo, continua a rendersi pericoloso anche in area avversaria, incapace di arrendersi.
Chissà se Zanetti e Samuel, mentre venivano lasciati soli, pensavano alle parole del professor Vecchioni: “Ma questa gente intorno a noi cosa fa?”. Noi l’abbiamo pensato.
Giovanni Cassese