La vittoria del Milan sui Gunners nell’andata degli ottavi di Champions League ha lasciato esterrefatti i tifosi nerazzurri. A togliere il fiato, però, non sono stati nè i quattro gol nè tantomeno il gioco (?) espresso dai cugini. Il pesante verdetto di San Siro più che lodare gli uomini di Allegri, autori di una pur piccola impresa, ha spostato i riflettori sulla catastrofe di una delle squadre simbolo degli ultimi anni: l’Arsenal di Wenger.
Il club inglese, esempio massimo del calcio “fatto in casa” e sponsor della linea politica che invoca più spazio per i giovani, ieri sera ha dimostrato a tutta Europa che una squadra di soli ragazzini non può andare lontano. Passati i tempi d’oro dei giovani campioni del calibro di Fabregas (tanto per citarne uno), Arsene Wenger ha visto distruggere in soli 90 minuti il suo fragile giocattolo.
Al di là degli errori tattici del tecnico francese, la disfatta dell’Arsenal avrà sicuramente fatto riflettere i dirigenti di corso Vittorio Emanuele che, negli ultimi anni, stanno adottando una filosofia simile, ottenendo scarsi risultati. E’ vero che l’Inter è la squadra più vecchia d’Europa, con un’età media di 29.6 anni, e che il ringiovanimento della rosa è d’obbligo, ma non basta per tornare al successo.
Il ricambio generazionale dev’essere fatto con intelligenza: ci vogliono giocatori di qualità ed esperienza da affiancare alle giovani promesse. Il patron Moratti, in una delle ultime uscite, ha dimostrato di essere sul pezzo: “Cerchiamo ragazzi giovani, che abbiano però già successi alle spalle, che abbiano la forza di reggere il tifoso interista, che è non è tra i più leggeri. Teniamo conto di tutte queste cose, le stiamo valutando per cercare di costruire qualcosa di positivo”. Discorso impeccabile, ma l’importante è che la teoria si trasformi in pratica durante il calciomercato.