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Ritorno alla vittoria nel giorno del compleanno della società: di certo all’Inter non manca senso scenico. Sorprende non tanto la vittoria, che prima o poi sarebbe dovuta arrivare, quanto il fatto che essa sia accompagnata da segnali positivi, di quelli che mancavano dal 2011.

Centoquattro anni e non sentirli: non quelli di Zanetti, che non ci va poi tanto lontano ma riesce comunque a bruciare ottanta metri di campo all’ultimo minuto per regalare a Milito il facile match point. E neanche quelli di Samuel, che ormai di Verona ha fatto il suo palcoscenico come il miglior Shakespeare. Sono centroquattro anni di emozioni, determinazione, gioie e pazzia: tutto ciò che sta mancando in una stagione disastrosa, tutto ciò che ieri l’Inter è riuscita per una sera a incarnare, nel rispetto delle celebrazioni.

La prova degli uomini di Ranieri dimostra che, pur non potendo eliminare difetti strutturali la cui soluzione è di esclusiva competenza societaria, talvolta si può giocare oltre i propri limiti. In fase difensiva, complice uno straordinario Samuel, mancano le consuete distrazioni fatali, salvo l’unica occasione in cui Lucio, evidentemente obbligato per contratto, regala a Pellissier una comoda palla gol. In fase di manovra il movimento di palla e l’avvistamento di quella specie rara chiamata “cambio di gioco” favorisce la pericolosità offensiva e l’efficacia di cross finalmente precisi, paradossalmente nell’unica gara in cui il predatore delle aree di rigore Pazzini siede in panchina.

Nella prima ora di gioco di ottimo livello manca solo il gol. In realtà le occasioni non mancano, su tutte un calcio di rigore fallito da Milito. I gol facili non sono adatti a una squadra che fa della taccagneria realizzativa un vanto: il direttore di gara recepisce il messaggio e quando Sammarco, prendendo a modello Acerbi, ferma il pallone con le mani evita di assegnare l’evidente calcio di rigore. Il Chievo rimane bloccato nella propria metà campo, un po’ per la (non) qualità del centrocampo degna di quella della mediana nerazzurra nella disfatta di Roma, un po’ per il pressing finalmente ben portato. Difficile individuare in Poli il salvatore della patria ma è evidente che con lui in campo il centrocampo interista assume tutt’altra forma. Il ventiduenne veneto gioca “da veterano” – espressione che non sempre in casa Inter si accompagna a complimenti – mostrando una completezza raramente vista negli ultimi dei centoquattro anni di storia nerazzurra, permette alla squadra di stare almeno dieci metri più alta del consueto grazie al suo dinamismo, è perfetto in interdizione, pur non disdegnando occasionali sortite offensive. Fortuna che tra qualche presenza il riscatto scatterà obbligatoriamente, perché la fiducia in una scelta giusta da parte della dirigenza al momento latita.

A fine partita sono arrivati i complimenti di Moratti. Magari si è convinto, in vista del prossimo compleanno, a far soffiare le candeline sempre più numerose a chi ha il fiato per farlo.

This post was last modified on 11 Marzo 2012 - 03:18

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redazione