Nemmeno il più crudele degli sceneggiatori sarebbe riuscito a immaginare un finale così amaro per una delle squadre più vincenti della storia del calcio italiano. Gli eroi che hanno guidato la scalata nerazzurra al tetto del mondo meritavano ben altro epilogo rispetto a quello scritto a sorpresa da un Brandao qualunque.
Uno schiaffo che ha spento l’ultimo sussulto d’orgoglio di campioni abbandonati al proprio destino da una società incapace di gestire il successo e aggrappata passivamente all’inerzia del Triplete, nella speranza che quella spinta potesse esaurirsi il più tardi possibile. Due stagioni di amministrazione sciagurata nelle quali l’Inter ha dilapidato un’eredità che, se sfruttata in maniera adeguata, avrebbe permesso di gettare solide basi per la costruzione di un nuovo ciclo.
Ci è toccato assistere, invece, al declino dei nostri eroi, costretti ad alzare bandiera bianca anche al cospetto di avversari modesti. Un duro colpo al cuore per chi aveva assistito alle imprese leggendarie di quegli stessi uomini. Ecco allora che l’eliminazione dalla Champions, ultimo malinconico atto di una favola bellissima, diventa l’occasione per dare un taglio netto al passato e ripartire da zero.
Quest’anno, infatti, non ci sarà nessuna rimonta a mascherare gli errori estivi della dirigenza, nessun trofeo da mostrare ai tifosi per convincerli che la squadra è ancora competitiva. Il finale di questa stagione disastrosa dovrà servire per iniziare a programmare il futuro, per capire con largo anticipo chi potrà essere ancora utile alla causa nerazzurra e chi invece dovrà essere congedato con tanto di ringraziamenti per le splendide emozioni condivise.
L’Inter ha bisogno di voltare pagina, con un progetto degno di questo nome e un uomo capace di guidarlo (con l’appoggio di tutti), perchè dopo sette anni di abitudine al sapore dolce della vittoria, la sconfitta rischia di assumere un gusto ancora più amaro.
Alessandro Suardelli