“Se volete vi faccio un assegno”. Zlatan Ibrahimovic non ha mai annoverato la diplomazia tra le sue virtù principali e neppure stavolta si è smentito. La decisione del Milan di sbolognarlo al Paris Saint-Germain lo ha invelenito e nelle roventi telefonate con la sala macchine rossonera al civico 3 di via Turati in Milano la sua rabbia si è trasformata in ironia: “Ma il Milan davvero non ha più soldi? Siete messi proprio male… Vi serve un assegno?”.
Ovvio l’imbarazzo dall’altra parte del telefono. E del resto Ibra aveva capito tutto con largo anticipo, se è vero che il 25 maggio, dal ritiro della nazionale svedese, aveva puntato il dito sulle difficoltà economiche rossonere (“Non ci sono soldi per comperare cinque campioni o tutti quelli che ci vorrebbero”) provocando l’irritazione dell’entourage di Barbara Berlusconi. Ibra se ne deve andare e fa lo spiritoso al telefono ma “chi è causa del suo mal pianga se stesso”, lo dice il proverbio.
In effetti la voglia di disfarsi della sua ingombrante presenza è stata più forte della forza dei suoi gol e della necessità di trattenere Thiago Silva: volete Thiago? E allora vi dovete prendere pure Ibra… Questo – parola più, parola meno – il succo del discorso che Galliani ha fatto agli sceicchi di Francia. Un risvolto sconcertante della trattativa (in pochi infatti hanno colto nella sua gravità la frettolosa rinuncia a Thiago due mesi dopo l’addio di Nesta) che conferma le difficoltà di gestione del gruppo da parte di Allegri.
Nello spogliatoio rossonero permangono un paio di elementi dotati soprattutto nei piedi e, almeno a dar retta agli spifferi più recenti, un altro potrebbe essersi aggiunto in questi giorni. Nel Grande Milan di Silvio Berlusconi costoro non avrebbero trovato cittadinanza. Ma questo non è più un Grande Milan e, soprattutto, Silvio Berlusconi non è più il geniale innovatore che avevamo conosciuto.
Fonte: corriere.it