Ospite di “Drive Inter”, programma in onda tutti i mercoledì su Inter Channel, Andrea Ranocchia si è raccontato ai microfoni di Nagaja Beccalossi. Ecco le sue parole:
Qual è stata la persona che ti è stata più vicina l’anno scorso?
“La mia ragazza, insieme ai miei genitori e ai miei amici… Se non avessi avuto tutte queste persone al mio fianco non mi sarei mai ripreso. Nella testa mi è passato di tutto, non capivo tante cose, a cominciare dal fatto che in campo non riuscivo più a fare quello che facevo prima. A volte il cervello fa brutti scherzi. L’unico modo che avevo per uscire da quella situazione era allenarmi”.
Poi sei arrivato a Pinzolo quest’anno ed eri un’altra persona…
“Il mister scherza spesso, dice che gli hanno mandato il fratello bravo (sorride, ndr). A parte gli scherzi, Stramaccioni è stato importantissimo per me. Mi ha dato fiducia sin dal primo giorno del ritiro e io mi sono fatto trovare pronto. Sono stati fondamentali anche i compagni, a cominciare da Dejan Stankovic, che continuava a mandarmi messaggi nei momenti difficili. E’ straordinario, una persona bravissima. Poi Materazzi, anche se non era più in spogliatoio con noi, e Cristian Chivu, che mi ha aiutato con la sua esperienza”.
Sei severo con te stesso quando analizzi le tue prestazioni?
“Sì, sono persino troppo critico. Quest’anno sono migliorato, vedo tutto in maniera diversa. Ma nelle stagioni passate vivevo malissimo ogni errore. Dopo la partita con il Bologna non ho mangiato per tre settimane. Cerco invece di non farmi influenzare dalla critiche di chi non fa parte della squadra o dello staff. Tante volte mi è capitato di leggere giudizi allucinanti sui giornali. La fortuna è che, giocando nell’Inter, si scende in campo ogni tre giorni. Quindi, se sbagli una partita hai subito modo di farti perdonare”.
Che ricordi hai della tua prima esperienza ad Arezzo?
“Avevo 16 anni e, anche se ero a un’ora di macchina da Perugia, sentivo tanto la distanza dai miei genitori, non potendo guidare. Sono stati i primi anni affrontati da solo, lontano da casa, ma li ho vissuti benissimo. E’ stato il periodo più bello della mia vita. Ovviamente non è facile staccarsi dagli amici, però è questione di abitudine”.
Quando hai deciso di diventare un calciatore?
“Mio papà non sapeva neanche le regole, prima che cominciassi a giocare io. Ho iniziato con il karate ma non mi piaceva tanto. Poi tutti i miei amici giocavano a calcio e i miei genitori mi hanno portato in una squadra vicino a casa. E da lì non mi sono più fermato”.
Andrai avanti per molti anni, seguendo l’esempio di Zanetti?
“No, lui è inarrivabile. E’ un caso più unico che raro. Ha delle doti fisiche, mentali e tecniche fuori dal comune. Fa sessanta partite all’anno, io non ci riuscirei neanche adesso. La sua forza è che affronta tutte le situazioni con il sorriso, anche nei momenti negativi”.
Cosa ti manca dell’Umbria?
“La mia famiglia e i miei amici, ma a livello più generale mi manca la spensieratezza. Lì mi vedono come Andrea, non come un calciatore famoso. Quando torno a casa vivo sereno, stacco la spina e riesco a non pensare al calcio per un po’. Ricarico le batterie”.
Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?
“Spero di divertirmi come ho fatto in questa prima parte di stagione. L’anno scorso non mi sono divertito per niente e, anche se avessimo vinto qualche trofeo, non me lo sarei goduto. Se nel calcio non ti diverti, perdi il vero valore di questo sport. Vincere è bellissimo e mi impegno tutti i giorni per ottenere risultati importanti. Ma il mio primo obiettivo è divertirmi”.
Com’è stato vincere il derby?
“Bellissimo. Finalmente sono riuscito a vincerne uno (sorride, ndr). Anche la vittoria con la Juve è stata un’emozione forte. Sono partite sentite e anche nei giorni che precedono la gara c’è un’attesa diversa”.
Alessandro Suardelli
(Twitter: @AleSuardelli)