L’attaccante della Roma Pablo Daniel Osvaldo si è confessato in un’intervista rilasciata al magazine GQ. Si comincia con il racconto del suo arrivo in Italia: “Sono arrivato a Bergamo il 12 gennaio 2006, compivo 20 anni. Un freddo cane, la neve, l’albergo in mezzo al nulla, circondato dai silos di Zingonia. Arrivato in camera, ho iniziato a piangere. Fu dura. Non c’era un solo argentino, uno straccio di uruguaiano. Ero lontanissimo da casa, i compagni ridevano tra loro. Parlavano una lingua che non capivo. Diventai un po’ paranoico. Pensavo ridessero di me. Poi andò meglio e mi integrai“.
L’opinione su come viene vissuto il calcio in Italia, però, non è migliorata: “Il calcio italiano ti logora, non c’è mai una via di mezzo. Un giorno sei da scudetto, quello dopo da mandare al rogo. La mancanza di equilibrio mi fa infuriare e non è vero che visto che il pubblico paga ha tutto il diritto di vomitare addosso il proprio odio. Ogni tanto vorrei essere una persona normalissima. A Barcellona lo ero, andavo in Placa de Catalunya con un amico. Lui faceva i ritratti ai passanti, io suonavo la chitarra. Non mi riconoscevano, era bello”.
A proposito dello scandalo del calcioscommesse, l’italo-argentino svela: “Se scoprissi un compagno venduto non lo denuncerei, lo ammazzerei di botte. Ciò che succede nello spogliatoio rimane nello spogliatoio. Io no faccio il delatore, ma non mi volto. In silenzio, lo ammazzo di botte”.