Trova il passaggo giusto, rigorosamente a testa alta. Era tanto, troppo tempo, da quando c’era Veron, che non vedevamo scendere in campo a San Siro uno così indossando la maglia giusta, quella nerazzurra.
Perchè quelli così, quelli come Mateo Kovacic, nel calcio muscolare di oggi sembrano pochi esemplari eletti di una razza in via d’estinzione.
Il diciottenne croato è alla prima da titolare ma prende subito in mano le redini della squadra e di un gioco che finalmente esiste per la sua sola presenza in campo. Lo fa interpretando il ruolo in chiave post-moderna, distante dallo stile dei registi classici come la Brujita: raramente cerca il lancio lungo, predilige fraseggi stretti e non disdegna di sfruttare il suo cambio di passo fulmineo per sfuggire agli avversari in marcatura fissa, che si facevano via via più numerosi. Il tutto rigorosamente a testa alta.
L’entusiasmo del giovane di Linz si trasmette per osmosi a tutti i presenti a San Siro, sugli spalti e in campo. Cassano, prima di lasciare il campo (lui la testa non la alza, la scuote) è poetico: trova lo spazio libero per il passaggio con la facilità con cui il grande scrittore trova la rima.
Destro, sinistro, testa, tacco, per finire con la rabona. Mancano solo i tiri in porta, ma di quelli se ne occupa Palacio. Due pallonetti, uno per tempo, fortunoso il primo, geniale il secondo. Assistenze d’autore per lui: prima Guarin di strapotenza, poi Kovacic di classe.
Vittoria, qualificazione a un passo ed esordio grandioso del nuovo acquisto Kovacic. Sarebbe una serata perfetta se solo non fosse per quel maledetto infortunio di Diego Milito. Un altro eroe del Triplete costretto a tirarsi fuori dalla lotta, stavolta nel modo più triste. Senza Principe e con un reparto d’attacco così ridotto all’osso, è inevitabile ridimensionare le pretese in vista di giugno. Ma c’è ancora una stagione da affrontare.
Rigorosamente a testa alta.
Giovanni Cassese
(Twitter: @vannicassese)
This post was last modified on 16 Febbraio 2013 - 04:17