Disfatta a White Hart Lane. Triste.
Disfatta annunciata a White Hart Lane. Ancora più triste.
Perché neanche il più inguaribile dei tifosi nerazzurri ottimisti avrebbe sperato in un risultato migliore. Ci aspettavamo la goleada, speravamo almeno che non servisse il pallottoliere per tenere il conto. Paradossalmente ci è andata bene.
Un sorteggio tutt’altro che benevolo ci ha lasciato in dote un Tottenham francamente ingiocabile per quella che è l’attuale rosa interista. Non si può parlare di tattica, perché non è il caso di fare un monologo sulla squadra di Villas-Boas, che, per la capacità di attaccare sulle fasce come ormai nessuna squadra più fa, tanto ricorda il miracoloso Porto del maestro Mourinho. Non si può parlare di scelte laddove, con Guarin e Palacio acciaccati e da preservare, scelta non c’era. Non si può parlare di tecnica, perché farlo in riferimento alla squadra di Gargano, Alvaro Pereira e Jonathan è come sparare sulla croce rossa.
Allora qualcuno si scusi. Innanzitutto con Andrea Stramaccioni, l’unico per il quale, a quanto pare, sono i risultati a determinare l’esito della carriera. La faccia del tecnico romano continua ad essere l’unica ad apparire davanti ai microfoni dopo le inevitabili disfatte, come se ne fosse il principale responsabile. Ma non è così. E chi invece lo è continua ad esercitare le sue funzioni senza vincolo di mandato. Non ci si può presentare a questi livelli con veterani stagionati che non reggono i novanta minuti (e spesso neanche i quarantacinque), ragazzini non ancora sgrezzati e scarti delle nostre concorrenti.
Quel qualcuno si scusi anche con loro, giocatori validissimi, magnifici comprimari, chiamati ad essere protagonisti in una squadra in cui sono incapaci di esserlo.
Ma soprattutto quel qualcuno si scusi con noi, trasformati nel giro di tre anni da tifosi della squadra campione d’Europa a zimbelli del vecchio continente calcistico.
Si scusi. E poi vada via. In silenzio. Come piace a lui.
Giovanni Cassese
(Twitter: @vannicassese)