Nel consueto appuntamento settimanale con “Drive Inter” su Inter Channel, Nagaja Beccalossi ha intervistato il giovane portiere della Primavera Nerazzurra Raffaele Di Gennaro. L’estremo difensore di Bernazzani, aggregato più volte alla prima squadra dopo l’infortunio di Castellazzi, quest’anno festeggia il decimo anno con la maglia dell’Inter: “Ho iniziato a 5 anni in una squadra di un oratorio di Saronno denominata Prealpi. Lì ho fatto bene, poi a nove anni fui adocchiato dall’Inter nel corso di un torneo, e sono approdato in nerazzurro. E questo è il decimo anno qui, praticamente metà della mia vita. Questa per me è la seconda casa, credo sia il sogno di tutti i ragazzi giocare in uno dei club più importanti del mondo. Un sacco di ragazzi vengono presi e poi non fanno carriera, l’ho presa come un’emozione ma ho voluto comunque lavorare giorno per giorno, imparando da tutti gli allenatori che ho avuto. Da tutti ho preso un po’ e questo è servito. Poi all’Inter nelle categorie giovanili arrivavano uno o due tiri in porta, e questo aiuta a mantenere la concentrazione per arrivare in una grande squadra”.
La sua giovane carriera è stata costellata da diversi infortuni, “ma questi guai mi hanno fatto crescere anche sul piano dell’attenzione. L’anno scorso abbiamo vinto la NextGen ed eravamo al top, poi mi sono infortunato all’anca e son tornato giù. E’ un sali-scendi che devi gestire bene, senza mai gasarti o abbatterti troppo. Certo, l’infortunio all’anca è stato pesante, due mesi sdraiato o in piedi nel periodo delle vacanze, ed è stato difficilissimo“.
Per migliorarsi, Raffaele ha un segreto: “Rivedersi spesso, per valutare uscite o parate fatte male, è importante rivedere certe cose. Il gol che mi ha causato più rabbia? Forse quello contro l’Arsenal nell’ultima NextGen, lì non è stata colpa mia però forse rivedendolo potevo fare qualcosa di più. Ma se ho sbagliato, non fatico a dire di aver sbagliato. Mio padre è abbastanza critico, ma nella norma, mi dice quando sbaglio e va bene così, se cerchi alibi a 19 anni non cresci più“.
Svolge un ruolo delicato, ma all’Inter gli esempi da seguire non mancano: “Il nostro ruolo è difficile, poi col pallone, le sue traiettorie diventa ancora più difficile. E’ importante restare sempre concentrati per evitare di prendere gol. Ho avuto sempre un gran feeling coi portieri, sono tutti un po’ pazzi. Samir Handanovic è un’eccezione ma è magnifico, per me il miglior portiere del mondo. Ma prendo ispirazione anche da Belec, Carrizo, io cerco sempre di ascoltare gli altri. Cosa vorrei di Samir? La freddezza. Lui è sempre tranquillo anche quando fa qualche sbaglio, per me è fortissimo per quello. Ma diciamo un po’ tutto. Lui attacca molto il pallone, quasi lo mangia, e per noi è fondamentale. Io e lui ci confrontiamo molto, complimentandoci e consigliandoci. E’ bello lavorare con lui. Poi c’è Alessandro Nista, che vuole il 110% da tutti, e questo è importante”.
Sui rapporti coi compagni della Primavera: “Sono ottimi, adoro giocare con la Primavera, mi ritengo ancora uno di loro e son felice quando gioco con loro. La nostra esperienza serve molto per i ragazzi più giovani, ad esempio credo che però quest’anno ci manchi un po’ di cattiveria agonistica, il cinismo sotto porta. Quello va trasmesso in tutto, ma credo che siamo una buona squadra“.
Raffaele ha avuto molti allenatori importanti: “Tutti, a partire dal settore giovanile. Mi hanno insegnato tutto, a partire dal carattere: all’Inter la zona Giovanissimi-Allievi conta molto, lì si lavora molto fuori dal campo che è una cosa importante, poi sul gioco, sulla determinazione, sul carattere, sulla grinta”.
Su Andrea Stramaccioni DiGe spende solo elogi: “Ci ha cambiato la vita, i suoi insegnamenti sono serviti a noi e a lui per diventare allenatore della prima squadra. Lui è uno che vuole sempre giocare palla al piede, poi tatticamente è un bravissimo allenatore“.