Che l’Inter sia da sempre accompagnata da un velo di sana e lucida follia è un dato inequivocabile, che episodi non riconducibili alla sfera della volontarietà ne segnino i destini sportivi e calcistici lo è altrettanto. Nella partita contro gli orobici c’è il riassunto di un’intera stagione in cui i nerazzurri, spesso già vittime delle proprie contraddizioni, avrebbero meritato meno avversione da parte della dea bendata.
L’ANALISI TATTICA:
COSA HA FUNZIONATO – Cercare qualcosa che abbia funzionato al termine di una partita così tristemente rocambolesca è come aspettare l’arcobaleno dopo un incessante temporale. Eppure l’Inter, anche se tra limiti e defezioni, ha provato a vincere la partita con coraggio, magari con modestia, ma con uno spirito di sacrificio da suscitare quasi tenerezza. Il povero Stramaccioni (al quale si consiglia vivamente un pellegrinaggio a Lourdes), già privo del Principe Milito e del suo cannoniere più prolifico (Palacio), perde lungo il tragitto anche Cassano schierato in coppia con il redivivo Rocchi. Non potendo chiedere in prestito Livaja alla panchina avversaria, l’ex tecnico della Primavera non può far altro che mandare in campo Ricky Alvarez. Proprio l’inaspettato tandem italo-argentino porta in dote sete di rivincita e ben 3 reti all’attivo che, purtroppo, per la Beneamata non si tradurranno in altrettanti punti. L’ex Velez, al di là della prima doppietta italiana, ha regalato le giocate migliori soprattutto quando si è decentrato, cercando insistentemente l’uno contro uno e lo spunto in velocità, sia sul breve che sul lungo. Il 3-5-2, scelto inizialmente dal tecnico romano per favorire contemporaneamente l’inserimento delle due mezze ali (Cambiasso e Guarin), ha visto nel solito indescrivibile Zanetti il migliore interprete, sia per applicazione tattica che per romantica partecipazione.
COSA NON HA FUNZIONATO – Partendo dall’assunto che per il raggiungimento di un successo occorre che concorrano, in pari misura, bravura, fortuna ed episodi favorevoli, non si crede di far torto a qualcuno se si afferma che l’Inter di quest’anno, al netto dei propri demeriti, abbia un conto aperto con quell’aspetto imponderabile che, spesso, nello sport fa girare il corso degli eventi in maniera diversa. La regolarità con la quale si sbaglia a danno dell’Inter, piaccia o non piaccia, non costituisce una farneticazione stucchevole, faziosa e curvaiola, ma un dato oggettivo in un mondo in cui i risultati di uomini, professionisti e società sono legati in maniera indissolubile alla fredda oggettività dei numeri. Quegli stessi numeri che, ad esempio, inchiodano l’Inter alle proprie responsabilità, o meglio alle proprie irresponsabilità. Il direttore di gara, infatti, avrà involontariamente messo carburante nel motore della rimonta atalantina, ma andare sul doppio vantaggio, tra le mura amiche, contro una discreta provinciale (non certo il Real Madrid) e non essere capaci di gestire il risultato, consentendo per di più all’avversario di rovesciarlo, costituisce quasi un peccato capitale. Nello specifico, il pacchetto arretrato, in assoluto controllo per un’ora di gioco, ha iniziato inspiegabilmente a vacillare subendo reti a ripetizione e in fotocopia. La linea difensiva, forse anche per l’assenza di Cassano, unico nel tenere palla e nel far rifiatare la squadra, ha iniziato immotivatamente ad abbassare il proprio baricentro, palesando sbandamenti ed errori di concetto. L’ingresso di un terzo riferimento offensivo nella squadra bergamasca (Livaja) ha creato un uomo contro uomo che, muovendo ed allargando costantemente le maglie della difesa a 3, ha disorientato l’Inter. L’Atalanta ha conquistato campo e fiducia, individuando punti deboli e fragilità dei nerazzurri che, dal canto loro, non sono riusciti a riorganizzarsi. Male Alvaro Pereira che, infilato di continuo da Raimondi, ha costretto Juan Jesus a uscire fuori zona e a sguarnire l’area di rigore nella quale Samuel e Ranocchia non hanno saputo gestire marcature e situazioni. Una linea a 4 bloccata, con Zanetti, Ranocchia, Samuel e Juan, e un centrocampista di rottura in più a fare densità negli ultimi 30 metri, in luogo di Pereira, magari avrebbero congelato il risultato ed evitato l’ennesimo, insostenibile processo.
This post was last modified on 8 Aprile 2013 - 18:10