Sembrava tutto perfetto: gol di Jonathan – alla sua migliore prestazione in carriera – al termine di una fantastica azione avviata da Alvarez e rifinita dall’assist di tacco di Rocchi, guizzi che profumano di talento di Kovacic, parate di Handanovic da numero uno dei numeri uno.
Sembrava tutto troppo perfetto per essere un episodio della peggiore stagione della storia recente nerazzurra. La delusione è dietro l’angolo e assume le fattezze di Mattia Destro, prodotto della cantera nerazzurra, prima svenduto dai nostri brillanti dirigenti e poi rimpianto quando veniva messo all’asta a peso d’oro. Sfuma l’obiettivo Coppa Italia, l’ultimo di una stagione sostanzialmente finita a metà aprile.
Eppure noi ci sentiamo di ringraziare quelli che hanno messo piede sul rettangolo verde indossando una casacca o una cravatta nerazzurra perché ci hanno permesso di mantenere vivo l’orgoglio per i colori troppo spesso imbrattati da chi li dovrebbe portare in alto.
Chiariamoci, la passione non è in discussione. Ma il tifoso nerazzurro si trova alle prese con una crisi sportivo-esistenziale. Come si può continuare a sperare nel buon esito delle scelte di chi da tre anni a questa parte continua a prendere decisioni illogiche? Come ci si può accontentare di effimeri risultati nel breve periodo (pensiamo all’ultima Coppa Italia vinta col Palermo) ben consci che si sta privando l’Inter di un futuro o di un semplice ritorno al recente passato? Come si può credere alla veridicità di un fantomatico progetto giovani costruito dallo stesso – o gli stessi? – che si è liberato del diciannovenne Livaja per accaparrarsi il trentacinquenne Rocchi?
Non si può. Non se si è veramente tifosi di questa squadra.
Vanno ringraziati Jonathan, Alvarez, Kovacic, Rocchi e tutti quelli che ieri sera, ma non solo, sono andati ben oltre i propri limiti e avrebbero meritato quantomeno il successo in coppa, pur dovendo poi sopportare la iattura dell’Europa League anche nella prossima stagione.
Va ringraziato Stramaccioni, al limite della perfezione con la squadra (quasi) al completo, in naturale difficoltà in stato di emergenza, pur essendosi dimostrato abile, molto più dei suoi illustri e meno giovani predecessori non brizzolati, nel tenere unito uno spogliatoio storicamente bollente. Va ringraziato non solo per i suoi meriti sul campo e il suo camaleontismo tattico per necessità, ma soprattutto perché ha rimediato all’assenteismo alle telecamere prolungato di qualcuno mettendoci la faccia anche per colpe che non necessariamente competevano a lui. All’Inter serve una rivoluzione e Stramaccioni può esserne la guida. Anzi, deve.
Qualcuno diceva che le rivoluzioni non si fanno con l’acqua di rose. Neanche con questa dirigenza, ci permettiamo di aggiungere.
Giovanni Cassese
(Twitter: @vannicassese)