A sei punti dalla Champions. No, non ci crediamo. Ma è significativo osservare che, anche in una stagione maledetta, il gap dalle prime – dalle “seconde”, meglio – è così ridotto. Quei sei punti valgono poco, in un mondo ideale con una classe arbitrale capace neanche esisterebbero. No, non stiamo dando la responsabilità della disfatta alle giacchette talvolta rosse, talvolta nere. Ci limitiamo a valutare i dati per provare ad abbozzare giudizi su un finale di stagione che, come dice giustamente (per una volta, ndr) Moratti, non può essere giudicato.
Inter-Parma: orario indigesto, la partita pure, almeno credevamo. Invece i nerazzurri sfoderano una delle migliori prestazioni del 2013, frutto di una riuscitissima combinazione di determinazione e arguzia tattica. Paradossalmente Stramaccioni riesce finalmente a schierare la formazione che aveva in mente dall’inizio del campionato: un 4-3-3 che si trasforma in 4-2-3-1 a seconda delle fasi del gioco. Ovviamente si tratta solo di una riproduzione in scala delle ambiziose intenzioni di inizio anno del tecnico romano, ma funziona.
Kovacic, dopo un inizio stentato, riesce a fare ciò che avrebbe dovuto fare Sneijder (non a caso fulcro, proprio come ora il giovane Mateo, del progetto tecnico prima delle beghe contrattuali): detta i tempi, crea il raccordo tra i reparti, dà un senso ai tagli dei compagni; Alvarez ben si disimpegna nel ruolo che doveva essere di Coutinho, trequartista decentrato con licenza di puntare; Jonathan, tanto spigliato sulla fascia quanto al microfono nel postpartita, assume le sembianze di Maicon e non della sua brutta e tarchiata copia; Rocchi, con tanto impegno e un pizzico di fortuna, riesce a non far rimpiangere Milito per una settimana.
E’ mancato solo un pezzo del tridente, quell’esterno sinistro che doveva essere prima Lavezzi e poi Lucas, quel tassello fondamentale che a Stramaccioni avevano promesso ma non hanno mai acquistato, neanche nella sessione invernale, che ha portato in dote il solo Schelotto, calciatore “medio” come i protagonisti dei trailer di Maccio Capatonda, uno al quale preferire anche il semiesordiente Garritano.
Ci è piaciuta l’Inter. Ed è piaciuta anche a Moratti che, in un’intervista anch’essa perfetta (Presidente, così ci vizia, ndr) ha sostanzialmente confermato Stramaccioni anche per il prossimo anno. Entusiasti come turisti appena usciti da un museo in cui sono esposti i plastici e i modelli di grandi edifici in costruzione, ci aggrappiamo al gustoso sapore di quest’assaggio di Inter che doveva essere e, si spera, sarà.
Non ci aspettiamo necessariamente un capolavoro, ma dopo quest’anno basta poco per essere affetti dalla sindrome di Stendhal.
Giovanni Cassese
(Twitter: @vannicassese)