Dichiarazioni che non metteranno fine alla querelle mediatica sul futuro della panchina nerazzurra, ma che costituiscono un atto doveroso nei confronti di un allenatore che ha affrontato, nella sua prima vera stagione da professionista, ostacoli che avrebbero messo in difficoltà anche colleghi ben più navigati.
“È normale la ricerca di un colpevole, ma io sono lo stesso di quando occupavamo le prime posizioni della classifica – ribatte il mister, rispondendo alle domande sulla parabola discendente della sua squadra –. Abbiamo commesso degli errori ed è giusto che l’allenatore sia esposto alle critiche. Io ci metto sempre la faccia, perchè tengo davvero a questi colori e sono orgoglioso di allenare l’Inter. Tuttavia, non bisogna dimenticare che, nel momento in cui c’eravamo quasi tutti, abbiamo battuto le prime quattro squadre del campionato ed eravamo a un punto dalla capolista. Poi non siamo riusciti a mantenere la stessa continuità di rendimento, anche per colpa di un’emergenza oggettiva. Sarò il primo a essere giudicato a fine stagione ma, così come non ero lo ‘Special Two’ prima, non sono scarsissimo adesso“.
Rivendicazione legittima, soprattutto se tra i nomi dei tuoi possibili successori sei costretto a leggere anche quelli di tecnici che hanno raccolto meno punti di te (il “sorprendente” Petkovic, tanto per fare un nome). Ma si sa: l’assenza di equilibrio nei giudizi non rappresenta sicuramente una novità nel mondo del calcio.
Succede allora che Stramaccioni possa essere considerato, a distanza di pochi mesi, la reincarnazione di Mourinho e la causa di tutti (o quasi) i mali, che la necessità di cambiare continuamente modulo per cause di forza maggiore possa diventare un capo d’accusa anzichè un alibi (in altre circostanze si parlerebbe di duttilità) e che il passaggio dal “tridentone” (Milito-Cassano-Palacio) al “tridentino” (Rocchi-Alvarez-Schelotto) meriti meno attenzione di qualche errore tattico.
Sia ben chiaro: in una stagione del genere, nessuno è esente da colpe. Sarebbe troppo comodo, però, ignorare tutte le situazioni extra-ordinarie che ha dovuto gestire il tecnico nerazzurro da giugno a oggi: dal naufragio del progetto 4-2-3-1 al caso Sneijder, dalla serie interminabile di infortuni al rapporto complicato con la classe arbitrale. Per questo, puntare il dito contro Stramaccioni vorrebbe dire non solo sbagliare clamorosamente bersaglio, ma anche scegliere la strada più semplice per mascherare tutti gli altri problemi che affliggono l’Inter. Un errore che è già stato commesso troppe volte in passato e che non bisogna ripetere.
In fondo, basterebbe un piccolo confronto tra la formazione del 3 novembre 2012 (giorno del trionfo allo Juventus Stadium, coinciso con l’apice della nuova gestione) e l’undici sceso in campo nell’ultimo match contro il Parma per accorgersi che “non confermare Stramaccioni sarebbe un’ingiustizia“.
Alessandro Suardelli
(Twitter: @AleSuardelli)
This post was last modified on 28 Novembre 2013 - 00:32