Terza battuta d’arresto consecutiva e quinta sconfitta nelle ultime sei partite per un’Inter sempre più in caduta libera. Persino il “Meazza”, fino a qualche stagione fa fortino inespugnabile, è diventato terreno fertile di conquista per le scorribande di qualsivoglia compagine avversaria.
L’accanimento della malasorte non conosce soste e non concede tregua ad un sempre più incredulo Stramaccioni che si vede costantemente costretto ad inventare una formazione degna di questo nome. Il tecnico romano, in corso d’opera, deve rinunciare anche a Jonathan, sostituito dal giovane Benassi, e a Ranocchia, rimpiazzato da Pasa.
Dover rimpiangere anche la presenza in campo dell’esterno basso brasiliano dà la dimensione della disperazione di una squadra che sempre più frequentemente si vede composta da 11 effettivi che non hanno mai giocato insieme.
A fare da cornice ad una gara che assumerà contorni tanto inspiegabili da sembrare metafisici le recriminazioni e le lamentele scenografiche di una Curva Nord che chiede il conto alla società nerazzurra ed al Presidente Moratti. Nel dubbio se sia meglio farsi delle domande o darsi delle risposte, l’Inter romanticamente e stoicamente mette in campo un grande cuore che, però, in questo momento, non pulsa allo stesso ritmo del fato.
L’ANALISI TATTICA
COSA HA FUNZIONATO – Nell’ennesima serata nera per gli uomini di Stramaccioni, ad emergere è stato il senso di orgoglio e dignità che ha spinto in avanti i nerazzurri fino all’ultimo respiro fino a meritare gli applausi che parte del pubblico ha voluto tributare loro. Un attaccamento alla maglia ed ai colori commovente, quasi dai risvolti romantici che allegoricamente potrebbe paragonarsi all’attaccamento alla vita di un innocente condannato a morte. L’Inter, nonostante i numeri avversi ed un passivo pesante, ha creato occasioni in quantità industriale. Buono l’impatto sulla gara di Fredy Guarin a cui evidentemente la sosta forzata ha restituito brillantezza, ritmo, passo e vigore. Conferma in positivo per il gioiellino croato Mateo Kovacic che, seppur predicando spesso nel deserto, è un diamante prezioso destinato a brillare a lungo e ad illuminare il futuro nerazzurro. Da elogiare anche le prestazioni dei giovani della Primavera lanciati nella mischia in un momento difficile, delicato e complicato in cui le sorti delle partite e della squadra sembrano sempre tristemente già segnati. Il fatto che l’Inter difficilmente possa toccare un punto più basso e che il destino dovrà restituire qualcosa con gli interessi alle sorti interiste, fa sperare in una risalita repentina e rigenerante.
COSA NON HA FUNZIONATO – Se a defezioni, cattiva sorte ed insicurezza dovuta ad una penuria di soluzioni si aggiungono errori in serie, sia in fase difensiva che in fase conclusiva, ci si espone ad una forma di suicidio e di autolesionismo masochista. Davvero clamorose ed al limite del paranormale le occasioni in serie sciupate in maniera quasi fantozziana dall’Inter che hanno portato una Lazio ordinaria, quadrata, ma non trascendentale, a conquistare il massimo risultato con il minimo sforzo. Se ai biancocelesti di Petkovic va riconosciuto il merito di essere stati di più con la testa nel match e di aver saputo attendere il momento giusto per smascherare le croniche fragilità interiste, ai nerazzurri va imputata l’aggravante di subire reti con una facilità disarmante. Le dinamiche legate alle prime due marcature laziali smascherano degli errori concettuali, individuali e di reparto, da matita blu che hanno portato ad incrementare in negativo il saldo dei gol subiti con proporzioni e numeri da bassa classifica. Per contro si registra una tendenza psicologica ed emotiva, più che legata ad un deficit tecnico o ad un atteggiamento superficiale, a mancare ghiotte occasioni da rete da realizzare anche soltanto con un semplice soffio sulla palla.