Tra le 12 domande capitali che la Curva Nord ha indirizzato, con striscioni e volantini, alla società nerazzurra ed in particolare al Presidente Moratti, spiccano quelle relative a passato, presente e probabilmente futuro organigramma dirigenziale.
“All’Inter c’è sempre qualche colpevole da mettere in piazza e una fuga di notizie mai vista in altri club. Non sarebbe opportuno avere nella dirigenza un ‘uomo forte’ capace di trasmettere il senso di appartenenza, gestire tutte le situazioni societarie e ‘mettere la faccia’ a difesa della Società?“. O ancora: “Perchè non è mai stato spiegato il reale motivo dell’allontanamento di Oriali dalla Dirigenza?”. Interrogativi chiari, espliciti, per nulla banali e retorici, che vanno al cuore del problema.
La Curva Nord, senza allusioni o divagazioni metaforiche, ha inteso mettere a nudo limiti, carenze, strategie improprie di uno staff dirigenziale che, al di là del gap tecnico o del divario qualitativo con altre squadre, sembra aver costituito un grosso handicap per la squadra di Stramaccioni.
Ai tifosi nerazzurri non sarà sfuggito l’isolamento e la solitudine che, troppo spesso, ha assediato il giovane tecnico romano che, con grande dignità e umiltà, è stato sempre chiamato a dover giustificare e spiegare la cattiva stagione della sua squadra.
Un giovane allenatore, che ha ben poche responsabilità di mercato e tecniche nell’evolversi balordo di questa annata, mandato allo sbaraglio al cospetto di incalzanti cronisti sempre pronti ad esporre l’Inter ad uno stillicidio mediatico. Perchè se è vero che l’Inter ha pagato a caro prezzo deficienze tecniche e di organico, il peso del fato avverso, la superiorità di altre squadre, è vero anche che il club continua a pagare un peso politico decisamente inferiore rispetto a quello di altre società italiane blasonate.
Un disvalore che si traduce in una cronica e sistematica carenza di autodifesa e di potere immunitario che rende l’Inter facile preda di opere di sciacallaggio mediatico. Un deficit comunicativo e strategico lampante che ha reso la società di corso Vittorio Emanuele una terra di nessuno esposta a facili angherie e barbarie a cui Moratti non ha saputo contrapporre figure forti, dal profilo alto.
A mancare, soprattutto, l’anello di congiunzione tra staff tecnico e giocatori e, ancor più, il trade d’union tra squadra e società. Una sorta di anello mancante di una catena che fino a qualche anno fa appariva perfettamente oliata, funzionante e funzionale ad un progetto vincente.
Sorvolando sulle scelte a volte felici e, spesso, infelici dei quadri dirigenziali, a Moratti sono mancate persone, più che personalità, e uomini, più che collaboratori, capaci di tutelare un nome, una maglia, una storia, quella dell’Inter, la cui onorabilità va garantita con fermezza e capacità.
La Curva Nord, poi, come del resto tutto il popolo nerazzurro, non ha dimenticato certo quell’abbraccio di Oriali e Mourinho al “Camp Nou”, esortando chiaramente la società a motivare l’allontanamento dell’ ex mediano della vittoriosa Italia del 1982. In quell’istantanea, mai sbiadita, risiede la spiegazione di tante conquiste e, forse, la rapida ridiscesa verso il declino.
Voci di mercato fanno presagire un probabile ritorno in nerazzurro per Leonardo, con ruolo e compiti simili a quelli ricoperti dall’amministratore delegato del Milan Galliani. È lui l’obiettivo numero uno di Moratti, che sembra invece intenzionato a confermare la coppia Branca-Ausilio, che stanno già lavorando al mercato estivo.
Un volto ed un nome, quelli di Leonardo, molto graditi all’ambiente interista e, soprattutto, allo spogliatoio. Una figura distensiva, competente, dialetticamente arguta che ben supporterebbe il povero Stramaccioni.