“Special Strama. L’uomo del momento, dall’impresa di Torino ai sogni scudetto”. Così recitava la prima pagina de La Gazzetta dello Sport in edicola il 4 novembre 2012. Il giorno dopo il successo dell’Inter allo Juventus Stadium si sprecavano i paragoni tra Andrea Stramaccioni e Josè Mourinho, a tal punto da alimentare in maniera sproporzionata l’entusiasmo e le illusioni del popolo nerazzurro, sempre più convinto di aver trovato finalmente l’uomo giusto per raccogliere la pesantissima eredità del vate di Setubal.
Nel giro di qualche settimana, però, il vento ha cominciato a soffiare in direzione contraria e le stesse persone che avevano creato il mito di “StraMOUccioni” hanno iniziato lentamente a distruggerlo, trasformandosi nei più spietati detrattori del tecnico romano. Distorsioni tipiche dell’universo pallonaro, incapace di garantire un equilibrio razionale nei giudizi, con media e tifosi abilissimi nel cambiare opinione alla velocità della luce.
Proprio per questo abbiamo deciso di analizzare punto per punto i motivi che dovrebbero spingere Moratti a confermare Stramaccioni: pur non essendo esente da colpe, infatti, l’allenatore nerazzurro non può essere considerato il principale responsabile di questa stagione maledetta.
ROSA INADEGUATA – Il progetto iniziale, basato su un 4-2-3-1 in cui Lavezzi o Lucas sarebbero dovuti diventare (insieme a Sneijder) gli elementi di spicco del nuovo corso, è naufragato ancor prima che iniziasse il campionato. Un handicap non da poco per Stramaccioni, che merita di potersi giocare le sue chance con una rosa adeguata alle ambizioni del club e compatibile con la sua idea di calcio.
DUTTILITÁ TATTICA – Una volta constatata l’impossibilità di adattare il suo credo tattico ai giocatori a disposizione, il tecnico romano ha mostrato grande intelligenza e duttilità nel trovare un modulo capace di esaltare le caratteristiche della rosa. Con il 3-4-3 e il 3-5-2, l’Inter ha mantenuto un ruolino di marcia importante, occupando meritatamente i piani alti della classifica. Si parla spesso di gavetta e di esperienza, ma i predecessori di Stramaccioni (Gasperini e Ranieri su tutti), così come i suoi possibili successori (in primis Mazzarri), pur avendo un curriculum più consistente, raramente hanno dimostrato la stessa elasticità di pensiero.
INFORTUNI – A impedire al mister di proseguire sulla strada tracciata sono stati gli oltre 50 infortuni (concentrati soprattutto nella seconda parte di campionato) che hanno falcidiato la rosa interista, coinvolgendo più di un reparto. Cambiare continuamente sistema di gioco è stata quindi una necessità dettata dall’emergenza, non certo un capriccio frutto dell’inesperienza. Qualunque squadra avrebbe risentito in maniera decisiva dell’assenza di giocatori del calibro di Samuel, Milito, Cassano e Palacio (giusto per citare i più importanti nell’economia di squadra). Immaginate un Napoli senza Hamsik, Pandev e Cavani, un Milan senza Balotelli, Montolivo ed El Shaarawy o una Juventus senza Pirlo, Vidal e Vucinic… Le defezioni dei pochi campioni rimasti ad Appiano hanno ridotto al minimo il potenziale della squadra, costringendo Stramaccioni a modificare ripetutamente la rotta per inseguire nuove certezze: un’impresa praticamente impossibile considerando che, con una media di due infortuni a settimana, per l’Inter è diventato utopia trovare dei punti fermi da cui ripartire.
IDENTITÁ e GIOCO – Proprio alla luce di questo aspetto lasciano il tempo che trovano le critiche sul gioco espresso dalla squadra. Un dettaglio importante sfugge alla memoria (corta) di tifosi e opinionisti: già l’anno scorso Stramaccioni seppe dare un’identità all’Inter; in sole 9 giornate il tecnico romano restituì un’anima alla squadra, insistendo su un 4-3-2-1 (con Alvarez e Sneijder a supporto di Milito) che permise ai nerazzurri di restare attaccati al treno Champions fino all’ultima giornata di campionato. Un miracolo se si pensa alle condizioni in cui aveva lasciato la squadra Ranieri. Le stesse ottime basi sono state poste nella prima parte di questa stagione, prima che l’emergenza infortuni complicasse in maniera irrimediabile i piani del mister. Sbaglia, quindi, chi sostiene che la vera Inter si sia vista solo il 3 novembre 2012 allo Juventus Stadium: partite come Udinese-Inter (1-3) e Inter-Milan (4-2) dello scorso campionato, o Inter-Fiorentina (2-1), Bologna-Inter (1-3), Juventus-Inter (1-3) e Inter-Napoli (2-1) della stagione in corso sono alcuni esempi utili a dimostrare che l’Inter, con una rosa competitiva, è sempre riuscita a dire brillantemente la sua.
SOLO CONTRO TUTTI – Troppe volte Stramaccioni è stato costretto a sfidare da solo il “rumore dei nemici”. Il tecnico romano è stato l’unico a metterci sempre la faccia, colmando le lacune della società nella gestione di situazioni spinose. Emblematico in tal senso il “caso Sneijder”: un giocatore che il mister aveva posto al centro del suo progetto e che, da un momento all’altro, è stato scaricato pubblicamente dalla società, che ha lasciato l’allenatore nell’imbarazzo di dover giustificare una scelta fatta da altri. Di manager come Mourinho, capaci di gestire autonomamente anche le questioni e le pressioni extra-campo, ce ne sono ben pochi e, considerando il momento storico che sta attraversando la società, difficilmente ne vedremo uno sulla panchina nerazzurra nell’immediato futuro. Per questo, se vuole davvero tornare a vincere, Moratti ha l’obbligo di inserire un “uomo forte” in società: una figura che si occupi di controllare e gestire le dinamiche interne ed esterne al club, permettendo all’allenatore di concentrarsi sul campo. Solo affidando le battaglie mediatiche a un dirigente di livello, Stramaccioni potrà essere giudicato per quello che dovrebbe essere il suo unico incarico.
GESTIONE DELLO SPOGLIATOIO – Riuscire ad avere il pieno controllo dello spogliatoio non è un compito semplice nemmeno in stagioni costellate di successi. Stramaccioni, nonostante la sua giovane età, ha dimostrato di saper gestire un gruppo eterogeneo come quello nerazzurro, anche in un’annata ricca di ostacoli. Nessun giocatore ha mai abbandonato la nave, anche quando il rischio di affondare era altissimo. Giovani e meno giovani, titolari e seconde linee: tutti hanno sempre remato nella stessa direzione. L’unica macchia, legata allo screzio con Cassano, non ha avuto ripercussioni sul terreno di gioco, con l’attaccante barese che ha sempre dato il massimo quando è sceso in campo.
PROGETTO GIOVANI – Se i punti fermi del nuovo corso sono il ringiovanimento della rosa, l’abbattimento del monte ingaggi e la valorizzazione del settore giovanile, perchè sacrificare un allenatore che ha dimostrato di saper lavorare con i giovani? Da quando si è seduto sulla panchina della prima squadra, Stramaccioni ha fatto esordire 16 ragazzi, ha rilanciato Ranocchia (il cui rendimento è calato sensibilmente negli ultimi due mesi per un fastidio al ginocchio che lo costringe a giocare da tempo sotto infiltrazioni), ha bloccato la cessione di Juan Jesus (promesso al Bologna lo scorso agosto) e ha insistito per portare a Milano Mateo Kovacic, soffiato alla concorrenza di mezza Europa e diventato in pochissimo tempo il perno del centrocampo nerazzurro. In un contesto diverso e con minori pressioni, il mister sarebbe anche riuscito a garantire un minutaggio più alto ai suoi baby fenomeni e, con una disponibilità economica diversa, si sarebbe opposto con forza al sacrificio di Coutinho (mai visto così in palla come sotto la sua gestione). Confermare Stramaccioni sulla panchina dell’Inter vorrebbe dire assicurare il futuro di giovani promesse come Longo e Duncan e proseguire nel processo di valorizzazione dei talenti “made in Interello”.
Per tutti questi motivi, Moratti dovrebbe concedergli un’altra chance: senza l’ostacolo dell’Europa League (troppo ingombrante per chi sta cercando di ripartire da zero), il tecnico romano avrà la possibilità di dimostrare il suo valore. In quest’ottica, però, sarà fondamentale il sostegno incondizionato da parte della società: se al primo scricchiolio la nave dovesse cominciare ad imbarcare acqua, la conferma di Stramaccioni risulterebbe praticamente inutile. Tanto varrebbe affidarsi da subito a un nuovo timoniere, mettendo già in conto la possibilità di veder gioire altrove un’altra giovane promessa transitata da Appiano Gentile.
Alessandro Suardelli
(Twitter: @AleSuardelli)