“E’ stata colpa mia se non ho avuto una carriera migliore. Pensavo che con la sola qualità si andasse avanti. Ho giocato in grandi squadre, ma ho fatto sempre poco. Ho fatto più casini della grandine. Il 99% delle volte ho sbagliato io, però gli altri mi mettevano nelle condizioni di sbagliare. Passavo dalla ragione al torto in un attimo“.
Durante l’intervista Cassano spiega anche qual è stato il momento più duro della sua carriera: “Chiaramente quello vissuto dopo Roma-Milan. Nel tragitto verso l’ospedale, quando ho avuto l’ictus, non essendo credente ho pensato ‘se c’è qualcuno, fa che possa rivedere mio figlio’. Ho preso paura ma non della morte, era paura di non rivedere mio figlio“.
Le battute finali sono per le donne più importanti della sua vita: “Mia madre è stata il punto di riferimento della mia vita. Fino ai 17 anni, quando ho iniziato a giocare a calcio da professionista, non sono mai andato a rubare pur avendo vissuto in un ambiente particolare. Mi ha messo sulla via giusta. Mio padre? Mi è mancato zero. Mia moglie era più matta di me, faceva tre allenamenti al giorno e guadagnava 200 euro. A un certo punto le ho detto ‘il pane a casa lo porto io, tu pensa a fare la moglie di Antonio’. Ai miei figli dico che la cosa più importante è non fare calcio. Questo calcio mi ha stancato, troppa gente finta, troppi… si può dire leccaculo?”.
This post was last modified on 17 Maggio 2013 - 11:18