Oggi, 22 maggio 2013, ricorre il terzo anniversario dell’ultima vittoria della Champions League, la terza della storia nerazzurra: impresa che resterà negli annali non tanto perché i nerazzurri ritornarono sul tetto d’Europa dopo 45 anni, bensì perchè neanche un mese prima conquistarono altri due trofei, vincendo dapprima la Coppa Italia a Roma contro i giallorossi e successivamente lo scudetto a Siena. Questo tris rappresentò – e rappresenta tutt’oggi – un’impresa mai riuscita a nessuno in Italia.
Correva l’anno 2010, la data, ormai storica, era quella del 22 maggio: a 38 anni di distanza dall’ultima finale disputata dell’allora Coppa dei Campioni (nerazzurri k.o. per mano dell’Ajax), l’Inter si trovò in finale di Champions League dopo aver eliminato, in successione, Rubin Kazan e Dinamo Kiev nella fase a gironi, Chelsea, CSKA Mosca e Barcellona in quella ad eliminazione diretta. A contendere la Coppa “dalle grandi orecchie” agli uomini di Mou vi fu il Bayern Monaco nella spettacolare cornice del Santiago Bernabeu di Madrid.
I bavaresi, guidati da Van Gaal, dovendo rinunciare allo squalificato Ribery si schierarono con un 4-4-2 che vide Lahm, Demichelis, Van Buyten e Badstuber agire davanti a Butt, a centrocampo, oltre ai centrali Schweinsteiger e Van Bommel, giocarono Robben e Altintop sugli esterni. Davanti spazio al duo Muller-Olic, con Klose e Mario Gomez costretti a guardare dalla panchina, salvo poi subentrare a partita in corso.
I nerazzurri, invece, risposero con un 4-2-3-1 che, a distanza di alcuni anni, è già diventato una sorta di filastrocca indimenticabile: Julio Cesar in porta, difesa composta da Maicon, Lucio, Samuel e Chivu, a centrocampo la coppia argentina Cambiasso e Zanetti (successivamente dirottato a sinistra al posto di Chivu, uscito per far spazio a Stankovic), in attacco, a supporto di Milito, il trio Pandev-Sneijder-Eto’o.
Dopo un’inevitabile fase iniziale di studio, fu il Bayern a rendersi più pericoloso grazie ad uno straripante Robben, che al 10′ seminò il panico e dal fondo mise al centro un rasoterra su cui Muller intervenne senza trovare la porta, complice l’intelligente disturbo di Samuel.
In una partita equilibrata, furono i nerazzurri a spezzare gli indugi, passando in vantaggio al 34′ grazie a Milito, che, dopo essere andato a spizzare di testa un lungo rinvio di Julio Cesar, raccolse un passaggio filtrante di Sneijder, presentandosi in area e freddando Butt. Prima della fine del primo tempo, il Principe provò a ricambiare il favore nei confronti del fantasista olandese, ma quest’ultimo, a tu per tu con il portiere teutonico, si fece ipnotizzare e sciupò l’occasione.
La ripresa si aprì con un Julio Cesar sontuoso, abile a respinge con i piedi un tiro da pochi passi di Muller e successivamente a compiere un vero e proprio prodigio su un tiro a giro di Robben. Il forcing bavarese fu allentato da un sinistro di Pandev, sul quale Butt si esaltò deviando in angolo, prima del raddoppio che, di fatto, chiuse la contesa: minuto 70, i nerazzurri ripartirono in contropiede con Eto’o, che trovò Milito; il Principe, con un movimento degno del miglior ballerino di tango, fece girare su se stesso Van Buyten prima di battere Butt per la seconda volta con un destro di precisione chirurgica. Il resto della gara non regalò emozioni fino al triplice fischio di Webb che fece esplodere di gioia il popolo interista, tanto al Bernabeu quanto in piazza Duomo a Milano, fino a giungere in ogni angolo d’Italia.
La squadra divenne in quella notte spagnola di fine maggio “Regina d’Europa“: eravamo entrati nella storia dalla porta principale dopo anni di digiuno e di scherni, l‘Europa era di nuovo nostra.
22 maggio 2010: come noi, nessuno mai.