“La squadra è solida. Se si valuta la partita sul campo e non si guarda il risultato, non si può che essere contenti“.
Invece no, mister. Non possiamo essere contenti proprio perché le partite sul campo le abbiamo guardate e non possiamo che valutarle negativamente. La tournée americana si è rivelata un fiasco clamoroso, acqua sulla fiammella di speranza che si era accesa dopo la buona prestazione contro l’Amburgo. Quattro partite, tre massacri, una rocambolesca vittoria ai rigori e quella costante fastidiosa sensazione di imminenza del gol avversario e di impossibilità di uno a tinte nerazzurre.
Le attenuanti non mancano, dal gap tecnico con le grandi d’Europa che mai è stato così marcato, a una condizione fisica ancora precaria, fino ad arrivare alle numerose defezioni. Ma non bastano a giustificare alcune scelte tattiche di Mazzarri che sembrano errate a prescindere.
DIFESA – Campagnaro e Ranocchia sono insuperabili negli uno contro uno ma tendono a perdere la rotta dei tagli avversari. Ranocchia è in netta ripresa ma non è ancora un leader capace di tenere la soglia di attenzione dei compagni di reparto elevata. Forse sarebbe più opportuno ridurre i compiti dei due marcatori – troppo spesso chiamati a intervenire in zona centrale – riducendone il raggio d’azione e lasciandoli a presidio delle proprie aree di competenza.
CENTROCAMPO – Arrivano sicuramente da qui le note più dolenti. Notizia bomba: il centrocampo vecchio, stanco, acciaccato e limitato dello scorso anno è rimasto lo stesso, ma con un anno in più. Si può chiedere a Cambiasso e soci di pressare alto senza lasciare alle proprie spalle voragini facilmente attaccabili dagli avversari? La risposta è ovviamente no, ma non l’hanno capito ancora tutti. Gli esterni dovrebbero fare da raccordo tra i reparti ma per ora fanno solo disastri. Forse la qualità sugli esterni è troppo bassa per insistere sul credo tattico di Mazzarri.
ATTACCO – È l’unico reparto in cui si è investito. Probabilmente sarebbe il caso di evitare il 3-5-1-1 per dare modo ai nuovi acquisti di migliorare giocando. Che si giochi ad una o due punte il sacrificato è sempre Palacio. Nel primo caso tristemente abbandonato a sé stesso, viceversa in coppia con Icardi gli viene chiesto un lavoro di copertura e sacrificio che lo allontana troppo dalla porta.
Quello che resta è il ritratto di una squadra che pressa ma non recupera palla, gioca di rimessa ma non è efficace in contropiede e soffre le ripartenze avversarie. È solo calcio di agosto, ma questa è una squadra priva di senso tattico in qualsiasi periodo dell’anno. Ci sarebbe un modo di risolvere buona parte di questi problemi: comprare un mediano forte e capace di ridurre la pressione sulla difesa, guidare il pressing della mediana e così permettere sempre di schierare due punte senza soffrire.
Ma questo è compito della dirigenza. All’allenatore tocca plasmare al meglio il materiale umano che ha a disposizione. Soprattutto se guadagna più di tre milioni annui. Altrimenti sarebbe bastato tenere un giovane con margini di miglioramento pagato la metà della metà.