Marko Livaja domani compie vent’anni e, certo, è ancora lontano dal vertice. Ma classe e comportamenti fuori dalle righe ricordano tanto il (per ora) più famoso compaesano tennista. Il giovane croato ha straordinari mezzi fisici e tecnici, combinati con un carattere fumantino (due volte non convocato per motivi disciplinari l’anno scorso, mancata risposta al c.t. dell’Under 21 dieci giorni fa).
Ora Marko vuole mettere la testa a posto: intanto, ha “limato” la cresta. E poi arriva da un’estate “on fire”: doppietta all’Udinese e gol al Chievo in amichevole, doppietta al Bari in Coppa Italia. E oggi un posto in prima f ila nel tridente di Colantuono contro il Cagliari. All’Inter, che fatica a trovare una punta di presente e prospettiva, a qualcuno fischieranno le orecchie…
Livaja, le piace il nuovo ruolo di punta esterna?
“Parecchio, perché ho più spazio in cui muovermi. Ma anche quando arrivai in Italia, a Cesena, giocavo esterno“.
Adattarsi non sembra un problema, per lei.
“In Croazia giocavo dietro la punta, ho fatto anche il centrocampista. Poi in Under 15 trovai come allenatore Ivan Gudelj, ex giocatore dell’Hajduk, e lui mi impostò come prima punta”.
I suoi riferimenti sono quelli…
“Idoli non ne ho, ma mi piacciono Ibrahimovic e Drogba. Quelli potenti”.
Colantuono le ha fatto degli esempi da seguire come punta esterna? Qualcuno dice che ora gioca “alla El Shaarawy”.
“No, lui mi dice soltanto “torna indietro, torna indietro”… Io sono un attaccante e mi piace stare vicino alla porta. Ma mi rendo conto che nel calcio moderno bisogna saper attaccare e difendere”.
Lo faceva anche Eto’o.
“Già, tutta colpa sua… Mi sono allenato con lui all’Inter 34 volte. Fortissimo. Un animale”.
Domani compie vent’anni. Che regalo vorrebbe?
“Andare in doppia cifra in questo campionato”.
È giovane, ma ne ha già passate tante.
“Ho lasciato la Croazia a 17 anni. Tramite l’Inter arrivai a Lugano. Non fu facile: non capivo una parola, per fortuna c’erano due croati e due serbi, ma parlavano sempre tedesco… E poi non potevo giocare in campionato: è dura allenarsi tutta la settimana e poi stare davanti alla tv. Ora invece sono proprio contento: sono titolare in Serie A, il campionato più difficile del mondo. È il motivo per cui ho scelto l’Atalanta”.
Anche suo fratello ora è in Italia.
“Già, Mirko, classe ’95. Ma lui è un centrocampista”.
È vero che da piccolo giocava a tennis?
“No! Molti lo hanno scritto, ma non è vero. Però mi piace”.
Ivanisevic lo conosce.
“Certo, e sono sempre stato un suo tifoso. Abita a Spalato, come me”.
Ma quelli di Spalato sono tutti un po’ matti?
“Così dicono. Ma adesso faccio il tranquillo, non faccio più cazzate come quelle dell’anno scorso. Per il mio bene, prima di tutto, e poi per la società, l’allenatore, i compagni. Devo cambiare”.
Ha preso la patente?
“Non ancora: volevo prenderla quest’estate, ma ho giocato il Mondiale Under 20. Poi una settimana di vacanza a casa mia, a Spalato, e quindi il ritiro”.
Ma non c’è più Budan che la portava all’allenamento. Come fa?
“Per fortuna ho due o tre compagni che abitano vicino a me. Comunque dovrò studiare per la patente, ma non ne ho tanta voglia…”.
Fonte: La Gazzetta Sportiva
This post was last modified on 25 Agosto 2013 - 13:10