Sono trascorsi ben quattro mesi dal momento sopra descritto: quattro mesi di astinenza, quattro mesi di attesa e di speranza, quattro mesi con le urla di gioia intrappolate in gola, quattro mesi senza poter dare libero sfogo ad una esultanza rimasta per troppo tempo soffocata.
Inter-Genoa rappresenta il “ritorno alla normalità”, perchè deve tornare ad essere nell’ordine naturale delle cose imporsi in casa contro una squadra mediocre, senza dare adito a facili entusiasmi o, ancor di più, ad uno stupore sproporzionato. Nonostante tale vittoria costituisca soltanto un primo tassello per la costruzione di un futuro più roseo e serva soltanto ad esorcizzare una psicosi, è d’obbligo provare a evidenziare le differenze tra questa Inter e quella che l’anno passato esordì in casa, rimediando una sonora sconfitta contro la Roma di Zeman (1-3 il risultato finale, ndr).
Il debutto casalingo contro i giallorossi arrivò dopo la facile vittoria esterna contro un Pescara, destinato al ruolo della comparsa nella massima serie. Ad aprire le danze il colpo di testa di Florenzi controbilanciato immediatamente dal primo gol in nerazzurro di Cassano, mentre nella ripresa furono le reti di Osvaldo e Marquinho ad affondare la scialuppa capitanata da Stramaccioni. Partendo dalla lapalissiana considerazione che incontrare i capitolini è ben diverso dal confrontarsi con il Genoa e non trascurando, dunque, il diverso grado di difficoltà, passiamo ad esaminare le due prestazioni.
L’Inter attuale è parsa tatticamente più attenta, soprattutto per quel che concerne il reparto difensivo, guidato da un Campagnaro da annoverare tra i migliori in campo. Poche occasioni concesse alla squadra ligure, porta rimasta inviolata (per l’incredulità di Handanovic) e un’unica sbavatura rilevante sulla confusa palla-gol capitata sui piedi di Kucka. Contro la Roma, invece, emblematica è l’azione che ha condotto alla seconda rete firmata da Osvaldo: Totti, appena entrato nella metà campo avversaria, verticalizza per l’attaccante italo-argentino che prende in controtempo la colpevole difesa nerazzurra e, infilandosi facilmente tra Zanetti e Ranocchia, batte Castellazzi con un pregevole pallonetto.
Un’ulteriore differenza consta nel maggiore affiatamento esistente tra i vari reparti del campo, soprattutto tra il centrocampo e l’attacco, amalgamati l’uno all’altro grazie all’eccezionale contributo di Guarin, Alvarez e Kovacic (entrato nella ripresa). Riprendendo in esame il match contro i capitolini, invece, è evidenziabile la costanza con cui ogni azione offensiva si trasformasse con prontezza in un pericoloso contropiede avversario.
Tanti sono, però, gli aspetti da migliorare e i problemi ereditati dal recente passato: la qualità di gioco, rimasta in naftalina per la prima fase di gara, è apparsa ancora poco lineare e continua, mentre dopo esser passati in vantaggio, è mancata una maggiore precisione sotto porta che avrebbe consentito di tirare un bel respiro di sollievo prima del triplice fischio arbitrale.
Quell’urlo in segno di esultanza rimasto inespresso per troppo tempo, ora può fuoriuscire con tutta la sua veemenza, dandoci la possibilità di gioire e gridare, anche soltanto per una settimana, “Buona la prima”.
This post was last modified on 28 Agosto 2013 - 10:25