Per i più scettici, bisognerà aspettare l’imminente derby d’Italia per testare le reali ambizioni nerazzurre, visto che i 180 minuti giocati contro un Genoa incolore e un Catania spuntato dal mercato estivo non possono costituire prove attendibili della tanto agognata rinascita. Per i più sentimentali, invece, viene spontaneo lasciarsi trasportare da facili entusiasmi nella speranza di un ritorno alle origini, di un ritorno nell’Europa che conta. Dal canto suo, il recente passato ha mostrato quanto possa essere doloroso e deleterio inciampare sui propri sogni di gloria nati, l’anno scorso, grazie ad una partenza sprint alla guida di Stramaccioni(27 punti in 11 partite) e spenti in corso d’opera da una serie di sfortunati eventi e da una totale regressione nei punti e nel gioco.
I numeri di questo inizio di stagione sono incontestabilmente e, forse, inaspettatamente positivi, ma a dover fare per forza la parte dei guastafeste sono ancora tanti i difetti da limare e gli errori da correggere. Comun denominatore delle prime due prestazioni è stato il differente atteggiamento assunto nell’affrontare il primo ed il secondo tempo: guardingo e prudente nella prima frazione di gioco, più arrembante e offensivo nella ripresa. Se contro il Grifone abbiamo potuto constatare la pochezza dei pericoli creati dagli avversari nell’area di rigore nerazzurra, al Massimino sono stati gli etnei ad andare vicini al gol per primi nei minuti iniziali del match, come ammesso dallo stesso Mazzarri nel post-partita. Considerazioni, queste, supportate in concreto dal fatto che quattro dei cinque gol realizzati fino a questo momento siano stati messi a referto alla ripresa delle ostilità.
Motivazioni tattiche e psicologiche ci consentono di trovare la radice del problema e analizzare la genesi di tale condotta. Tatticamente parlando, Mazzarri ha sempre preferito affidarsi inizialmente ad Alvarez a supporto dell’unica punta Palacio per inserire, in un secondo momento, un altro attaccante (Icardi contro il Genoa e Belfodil contro il Catania) arretrando Ricky a centrocampo in una posizione che sembra a lui più congeniale e rendendo il modulo sicuramente più spregiudicato. Un atteggiamento di squadra che ricalca un marchio di fabbrica targato Mazzarri, visto che il suo Napoli, nell’ultima stagione, ha messo a segno 46 gol nei secondi tempi e solo 27 nei primi quarantacinque minuti, totalizzando la maggior parte dei punti proprio grazie a riprese arrembanti.
Per il secondo ordine di ragioni, è ancora vivo e presente il ricordo delle 57 reti subite e delle umiliazioni patite durante la precedente annata: la paura di rendersi protagonisti degli stessi errori del passato e la volontà di non concedere un tempo agli avversari compromettendo l’intera prestazione, inducono indubbiamente ad una lettura timorosa dei primi minuti, affrontati con il freno a mano tirato. Un processo di metamorfosi, dunque, ancora da completare in un percorso a tappe necessario per raggiungere la piena consapevolezza della propria forza.
This post was last modified on 12 Settembre 2013 - 18:12