Accantonate le gare di qualificazione al prossimo Mondiale, Inter e Juve possono tuffarsi nella preparazione del big match che sabato pomeriggio, in un San Siro infuocato, metterà una contro l’altra le grandi rivali del calcio italiano. Una sfida che, tra fascino, tradizione, idiosincrasia reciproca, trasporto emotivo e goliardia, vedrà confrontarsi due stili di calcio e di eleganza diversi. Sfida nella sfida per Mazzarri e Conte, antagonisti dell’ultimo campionato che li ha visti rincorrersi in classifica e nelle boutade dialettiche.
Eppure qualcosa, almeno dal punto di vista tattico, sembra accomunare i due: il 3-5-2 scelto come impianto tattico per dispiegare in campo i propri uomini. Se per il tecnico toscano, però, tale modulo rappresenta un affezionato marchio di fabbrica, per il tecnico bianconero è stata una felice e contingente scoperta. Il tecnico pugliese, infatti, all’inizio della propria esperienza da tecnico juventino, con una rosa farcita da esterni da lui stesso desiderati, optò dapprima per il suo classico 4-2-4, poi per un più lineare 4-3-3, virando infine sul 3-5-2 proprio in occasione di un Napoli-Juve.
Casualità dettata dallo schieramento dell’avversario o meno, da quel momento Antonio Conte, almeno per quanto attiene il campionato italiano, sembra aver trovato la quadratura del cerchio ed il modulo che più si sposa soprattutto con le caratteristiche dei suoi difensori. A parte Barzagli (che sembra digerire senza particolari patemi anche lo schieramento difensivo a 4), Bonucci e Chiellini sono completamente rinati grazie allo schieramento della linea difensiva a 3, buttandosi alle spalle le tante macchie accumulate negli anni precedenti. Lo stesso Pirlo che, a pieno titolo, si può inserire nei migliori centrocampisti mondiali, sembra rendere ancor più se schierato come play basso con due interni a giostrargli ai lati. La vera chicca di Conte, però, è il dirottamento sull’out sinistro di un Asamoah che trasformato da mezz’ala a esterno è stato spesso capace di spaccare in due le partite grazie alla sua fisicità dirompente coniugata ad una tecnica discreta.
In ogni caso, anche se le due squadre si affronteranno con due moduli speculari e si schiereranno a specchio, è possibile individuare sottili ma sostanziali differenze nell’applicazione voluta dai due mister. Entrambi chiedono alle proprie squadre ritmo e profondità sugli esterni, ma mentre Conte preferisce arrivarci attraverso il palleggio fraseggiato, Mazzarri ama i cambi di gioco repentini e immediate verticalizzazioni. Condizione atletica ed intensità di corsa fanno sì che entrambe le squadre attuino una buona occupazione degli spazi, anche se il tecnico toscano privilegia le ripartenze ed il suo omologo salentino chiede alla sua squadra il pressing alto con recupero palla aggressivo e transizioni offensive.
Anche le soluzioni offensive disegnate per le proprie compagini sono diverse: Mazzarri gradisce sistemare le due punte in verticale per muovere con la prima punta la linea avversaria ed aumentare la pericolosità sulla trequarti, Conte ama sistemare le due punte in orizzontale per sfruttare il gioco a due corto nello stretto e per favorire, grazie al lavoro sporco da guastatori delle due punti, l’inserimento senza palla alle spalle della linea difensiva degli interni di centrocampo. Proprio grazie a questa diverse soluzioni offensive, negli anni, Mazzarri è riuscito a far esplodere tutte le prime punte a sua disposizione mentre Conte è riuscito a trasformare i vari Vidal, Marchisio e Pogba in veri e propri centrocampisti goleador in grado di sopperire alla scarsa vena realizzativa degli avanti bianconeri.
Stesso modulo, dunque, ma diversa applicazione in un calcio, quello odierno, giocato sempre più sul filo dei dettagli.