Una storia lunga ottantasette anni quella di San Siro, tempio inviolabile e spettatore silente di gesta memorabili, di partite leggendarie, di vittorie entusiasmanti e di ricordi inossidabili, rimasti indifferenti all’azione ineludibile del tempo. Uno stadio eretto su fondamenta rese solide non tanto dal cemento, quanto invece dalla passione di chi lo vive come la sua seconda casa, dalle urla isteriche per una rete arrivata in pieno recupero, impastate con le lacrime versate per una dolorosa sconfitta e mescolate sapientemente le une alle altre al fine di ottenere una lega indistruttibile.
Progettato dall’ingegnere Alberto Cugini e dall’architetto Ulisse Stacchini e voluto fortemente dall’allora Presidente del Milan Piero Pirelli, prese vita proprio nel lontano 19 settembre 1926, giorno della sua inaugurazione. A fungere da battesimo, tra l’altro, non una partita qualunque, ma una “classica” tra le regine indiscusse del calcio meneghino. Per un lungo ventennio il rosso e il nero furono i suoi toni cromatici esclusivi, alternatisi, a partire dalla stagione 1947/48, con i magici colori del cielo e della notte.
Tra una modifica strutturale ed un’altra, tra l’aggiunta di un nuovo anello e le modifiche relative alla sua capienza, tra il suo ammodernamento e il rifacimento del manto erboso, tanti campioni hanno consacrato la propria grandezza e rincorso i propri sogni tutt’altro che fugaci in quel di San Siro. Molti di essi, al loro debutto, avranno di certo avvertito le responsabilità tramandate loro da chi li ha preceduti e avranno colto (magari con le gambe tramanti) l’epicità di un luogo unico.
Vi hanno lasciato il segno epoche diverse che hanno potuto assistere all’avvicendamento di Inter e Milan sull’ambito trono riservato a chi raggiunga traguardi da considerare inarrivabili per tutti gli altri.
C’era una volta la Grande Inter degli anni ’60 guidata da Helenio Herrera ,orchestrata da Angelo Moratti e portata in alto dai vari Facchetti, Mazzola e Suarez, interpreti di uno dei cicli più vincenti di sempre. E come dimenticare il Milan degli olandesi Van Basten, Gullit e Rijkaard, il calcio totale di Sacchi e quello più pragmatico di Capello: una squadra capace di fare razzia di coppe dappertutto, mostrando un gioco spumeggiante volto a mandare in tilt le difese avversarie. Poi i gol di Ronaldo e Weah, di Shevchenko e Milito, le accelerazioni di Kakà ed Eto’o, i tackle di Nesta e quelli di Samuel, la grinta di Maldini e Lucio, i lanci di Pirlo e i cambi di gioco di Stankovic. Tante storie differenti tenute unite da unico filo conduttore: San Siro.
“Luci a San Siro di quella sera, che c’è di strano siamo stati tutti là…”. Così recitava Roberto Vecchioni in una celebre canzone, colonna sonora di coloro che hanno lasciato un pezzo di cuore entro quelle mura, di chi ha aspettato almeno una volta con trepidazione il triplice fischio dell’arbitro da quelle gradinate, di chi ha perso la voce per unirsi ai cori e alle coreografie più stravaganti, di chi ha affrontato impavidamente, anche solo una volta, freddo pioggia e neve pur di vivere un’altra splendida emozione.
Ottantasette anni di storia non sono riuscite ad affievolire di certo quelle luci, protagoniste di sfide epiche e notti magiche.