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Zanetti: “Non vedo l’ora di tornare in campo. Contento per Ricky, Mazzarri urla spesso perchè…”

Tornato fra i convocati in tempi record, a sei mesi di distanza dalla lesione al tendine d’Achille rimediata lo scorso 28 aprile, Javier Zanetti è pronto finalmente per riprendere a dare il suo contributo alla causa nerazzurra. Ospite di Linus e Nicola nella puntata odierna di Deejay chiama Italia, il capitano dell’Inter ha parlato di diversi argomenti, a cominciare proprio dal suo recupero lampo: “Sono passati sei mesi e con il lavoro svolto dai fisioterapisti abbiamo fatto il possibile per tornare nel miglior modo possibile. Ieri è stato il primo passo, sono stato in panchina e adesso aspetto solo di scendere in campo. Mi hanno convocato perché quando guardo la partita in tribuna urlo troppo (ride, ndr). Però in campo non parlo tantissimo. Il Cuchu gesticola e parla. Io devo correre, o faccio una cosa o l’altra”. 

Pupi commenta poi l’esplosione di Ricky Alvarez, che sta finalmente dimostrando il suo valore: “Ha vissuto momenti difficili l’anno scorso, tra infortuni e problemi di squadra. Ha dovuto sopportare fischi e critiche ma ha dimostrato grande personalità e adesso sta facendo vedere a tutti ciò di cui è capace. Punto su di lui perchè quest’anno sta avendo grande continuità”.

Tra i motivi della sua presenza a Radio Deejay c’è la promozione della sua biografia “Giocare da uomo“: “Cosa significa questo titolo? Giocare con i valori che mi ha insegnato la mia famiglia, quelli che ho imparato da bambino. Significa giocare leali. Per scrivere il libro ci abbiamo messo quasi un anno. Riotta (il giornalista che ha curato l’edizione, ndr) è venuto a casa mia tante volte e a dicembre è stato con me in Argentina a visitare il mio quartiere e a conoscere la mia realtà. Penso sia venuto un bel racconto“. 

Tornando sulle origini della sua avventura meneghina, Zanetti svela: “Quando sono arrivato, insieme a Rambert, l’allenatore era Ottavio Bianchi e c’era la regola che potevano giocare solo tre stranieri. C’erano Paul Ince, Roberto Carlos e Rambert, io ero il quarto. Rambert era un attaccante, era il capocannoniere del calcio argentino. Io ero uno sconosciuto e dovevo farmi conoscere. Per questo ho lavorato tanto, mi sono allenato anche il giorno del mio matrimonio. I giocatori ci tengono al fisico e io ritengo che la forza nelle gambe sia fondamentale per evitare gli infortuni. In palestra sollevo 190 kg con una gamba. Spesso faccio fatica a infilarmi i jeans. Metto pantaloni così stretti che quando devo andare a qualche evento ne porto un paio di scorta perchè ho paura si strappino quando mi siedo”.

Qualche parola anche sul connazionale Lionel Messi: “Sta facendo cose straordinarie. Ha una velocità con la palla al piede che diventa difficile stargli dietro. A volte sei convinto di potergliela togliere ma lui col sinistro te la sposta subito. Mi ricordo che, nella semifinale di ritorno della Champions 2010, ero diffidato e giocavo a sinistra, proprio di fronte a lui. Se fossi stato ammonito avrei perso la finale. Non potevo neanche fargli fallo (sorride, ndr).

Chiusura su Mourinho e Mazzarri: “Josè è un grande, un vincente. Ha grande personalità e, per chi lo conosce solo da fuori, può sembrare arrogante. Ma è un allenatore che sa stare vicino a tutti i suoi giocatori, in ogni momento. Se urlava tanto nell’intervallo? Quello che urla di più è Mazzarri. Lo fa perchè dobbiamo restare sempre concentrati. Moratti? Lui sarà sempre con noi perchè ha un amore troppo grande per l’Inter. Sarà affiancato da altre persone per il bene di questa società”.

 

This post was last modified on 5 Novembre 2013 - 11:12

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redazione