Quasi+nulla+da+segnalare
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Ci piace parlare di calcio. Non di processi, moviole e supercazzole in esclusiva di presunti competenti. Ci differenziamo – o almeno crediamo di farlo – da altre testate, (in realtà poco più che fanzine) che focalizzano il core della propria produzione su questo, prediligendo il calcio giocato, la tattica, l’approfondimento.

Ed è quello che facciamo con puntualità e con piacere dopo ogni partita. Ma esistono momenti in cui si invidia il collega a cui è stato assegnato il compito, solitamente ingrato, di redigere la “cronaca live”. Inter-Livorno è uno di questi casi. In campo non succede nulla per novanta minuti. L’unica gioia per gli occhi di chi preferisce i palloni suolati ed accarezzati da piedi fatati la regala il solito sospetto Kovacic, che aspetta i minuti di recupero per mandare in rete Nagatomo con un assist al bacio.

Dal terreno di gioco nient’altro da segnalare, se non lo slancio di orgoglio nerazzurro che spinge il talentuoso Bardi, capofila della colonia interista insediatasi in quel di Livorno, ad insaccare un innocuo traversone all’interno della porta sbagliata, una delle due che un giorno sarà con ogni probabilità chiamato a difendere in pianta stabile.

Ma San Siro è un teatro talmente unico che riesce a regalare emozioni anche all’interno di una delle partite più scialbe della storia nerazzurra. Accade quando due grandi personaggi si prendono il palcoscenico, uno per atto. Il primo tempo è di Moratti, accolto da applausi scroscianti ed omaggiato con gli striscioni, non più polemici, dai tifosi suoi “pari”. Brividi a fior di pelle.

Un’inezia rispetto a quello che succederà all’ottantesimo della ripresa, quando Mazzarri ordina a Zanetti di smettere la tuta e tornare finalmente in campo per il boato del pubblico. Quando con una delle sue classiche progressioni dà il la all’azione che porterà al gol di Nagatomo vien da chiedersi come sia potuta esistere in questi mesi un’Inter senza Zanetti. E come potrà mai esistere il malaugurato giorno in cui deciderà di appendere le logore scarpette al chiodo. Ma forse non è ancora il momento di pensarci. In fondo ha solo quaranta anni. Bentornato capitano!

 

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

This post was last modified on 11 Novembre 2013 - 17:43

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redazione