Un motivo di vanto per il nuovo corso interista che diventa ancora più esaltante se si considera che Palacio e soci non hanno potuto beneficiare ancora di alcun calcio di rigore accordato in proprio favore. Va detto che gli uomini di Mazzarri, con un pizzico di cinismo, di precisione e di esperienza in più avrebbero potuto incrementare ulteriormente il numero relativo alla casella delle marcature all’attivo.
Delle 29 segnature realizzate dalla banda del gol, soltanto due si sono registrate nei primi 10 minuti di gara (nonostante l’Inter abbia indovinato sempre l’approccio alla gara ad eccezione della partita di Torino, ndr) ed è ragionevole pensare che su questo aspetto il tecnico toscano cercherà di limare qualcosa per mettere i suoi nelle condizioni di diventare maggiormente mortiferi nella prima parte di gara per, poi, gestire al meglio il risultato, la palla e le letali ripartenze. Per contro, l’ex tecnico del Napoli può gioire per le 17 marcature arrivate nella seconda frazine di gioco, a testimonianza di una squadra di carattere, personalità e di spessore, e per il contributo che gli esterni Nagatomo e Jonathan hanno dato sotto tale profilo non soltanto per il tramite delle segnature personali ma anche attraverso gli assist vincenti provenienti dalle corsie laterali (ben 9, ndr).
Se, tradizionalmente e proverbialmente, la ricerca della profondità sugli esterni e lo sfogo laterale sono i capisaldi della filosofia calcistica di Mazzarri, allora il tecnico di San Vincenzo può ritenere di aver dato già una sua impronta chiara e riconoscibile alla squadra. Numeri confortanti per una squadra da rinvigorire, plasmare, assemblare che si è ritrovata all’anno zero dopo essere scesa agli inferi, ai minimi storici, ma numeri confortanti anche per un tecnico che, nonostante l’etichetta di provinciale avvezzo al catenaccio già nella passata stagione alla guida del Napoli riuscì a concludere il campionato con il miglior attacco e la seconda miglior difesa.
Proprio il reparto arretrato, che costituisce un altro marchio di fabbrica del credo calcistico mazzarriano, dopo un leggero periodo di sbandamento e di smarrimento dovuto alla concomitanza di molteplici fattori (assenza forzata di Campagnaro e Jonathan, che costituivano quasi totalmente la catena destra, fase di non possesso meno efficace in conseguenza di un appannamento fisiologico, momentanea perdita di sicurezza individuale e collettiva), ha ritrovato la compattezza di inizio stagione, alzando di fatto il muro dinanzi ad Handanovic e concedendo poco, in termini di occasioni, a Udinese e Livorno.
Oltre che sulla tattica individuale e di reparto e sull’aspetto pisicologico-motivazionale, l’allenatore nerazzurro sembra aver lavorato molto sui correttivi che richiedeva la linea a tre. Lo spostamento (quasi casuale) di Rolando al centro della difesa in luogo di Samuel, registratosi a gara iniziata contro l’Udinese per via dell’infortunio occorso al difensore argentino, ha regalato a Mazzarri la possibilità di lanciare il portoghese come perno centrale, sgravando di fatto Ranocchia di responsabilità un pò troppo pressanti per lui. Con un Samuel affamato come un ragazzino alle prime uscite e Rolando in grande spolvero, la retroguardia nerazzurra ha recuperato solidità, linearità, lucidità e la dovuta serenità anche in uscita.
Perchè se è vero che per vincere basta segnare un go più dell’avversario, è anche vero che per andare lontano conta non prenderle.
This post was last modified on 13 Novembre 2013 - 17:01