La vittoria, quella sconosciuta. Sono trascorsi trentasette giorni e quattro turni di campionato dall’ultima volta, da quando le urla di gioia hanno potuto trovare libero sfogo. Il tempo sembra essersi improvvisamente arrestato e la vista appare annebbiata come quella di un corridore che ha esaurito le proprie energie troppo presto e si trascina per inerzia fino al traguardo. Inter-Livorno rappresenta il momento in cui la biforcazione tra l’essere e il dover essere, la realtà e le aspirazioni nerazzurre, rischia di diventare una voragine pronta ad inghiottire spietatamente ogni cosa.
Il match del San Paolo rappresenta il quarto passo verso la normalità all’interno di un processo che conduce verso un altro campionato mediocre e che sarà difficile invertire senza che mieta prima qualche vittima illustre. Contro il Napoli, prosegue la spasmodica ricerca del successo e di quell’equilibrio che assume le sembianze di una sagoma lontana avvolta nella nebbia più fitta.
L’Inter prova ad attaccare e a tenere in mano il pallino del gioco, ma ad ogni buona trama offensiva corrisponde un errore della retroguardia e ad ogni tentativo verso la porta protetta stoicamente da Rafael un contropiede avversario, frutto di uno scollamento sempre più evidente tra i reparti e dell’incapacità di agire da squadra in entrambe le fasi di gioco. Altri quattro gol incassati, a dispetto di uno schieramento prettamente difensivo; un’idea tattica solita svilupparsi sulle fasce laterali, lungo le quali, però, è evidente il dominio territoriale di Mertens e Insigne. Nella notte della riscossa napoletana va di scena, insomma, il più classico dei paradossi.
Dal piano strategico a quello psicologico: negli ultimi tre incontri, come se non bastasse, alle carenze tecniche si sono aggiunti palesi e preoccupanti cali di concentrazione. Nel match contro la Sampdoria, è stato Renan a sfruttare, in zona Cesarini, le amnesie nerazzurre; il Parma, invece, ha colpito con Parolo subito dopo il pareggio interista e ha pareggiato i conti con Sansone, poco dopo le reti siglate da Guarin e Palacio. A Napoli, infine, quattro minuti appena hanno distanziato il sussulto di Cambiasso dalla fiammata di Mertens.
Tanti i nodi da sciogliere e gli interrogativi cui è d’obbligo associare una risposta. Difficile, dunque, trovare il tempo di concentrarsi pienamente sull’operato di Tagliavento, non di certo una sorpresa, ma una spiacevole conferma di quanto sia tutt’altro che empatico il suo rapporto con i colori nerazzurri.
Alla ricerca della vittoria perduta, da fedele compagna di viaggio ad ossessione ricorrente del popolo interista…
This post was last modified on 17 Dicembre 2013 - 15:44