Dall’euforia per la vittoria nel derby allo sconforto per la brutta sconfitta rimediata contro la Lazio. Come sempre, in casa Inter, il passo che ribalta umori e convinzioni è brevissimo.
In realtà, il successo ottenuto contro il Milan e il k.o. subito all’Olimpico hanno avuto un copione molto simile: due partite ai limiti dell’anti-calcio, decise dal colpo di un campione (Palacio nel primo caso, Klose nel secondo).
Proprio il gol del Trenza ha permesso all’ambiente di passare un Natale sereno, nascondendo i limiti di un’Inter che, nelle ultime settimane, ha vissuto un’involuzione preoccupante; non tanto dal punto di vista dei risultati (anche se 6 punti in 6 partite non rappresentano certo un bottino invidiabile) quanto sul piano della crescita tecnico-tattica.
Mazzarri ha ribadito più volte che, per il particolare percorso intrapreso dal club in questo momento storico, le prestazioni sarebbero state molto più importanti dei punti raccolti. Proprio per questo, peró, diventa difficile guardare con ottimismo al futuro: nessuno puó imputare al tecnico toscano di aver tenuto un ruolino di marcia al di sotto delle aspettative (inevitabilmente basse, considerato il valore della rosa), ma chi ha negli occhi le prove offerte dall’Inter negli ultimi due mesi non puó che essere deluso e sfiduciato.
In campo si è vista una squadra senza una minima idea di gioco, con un attacco incapace di organizzare trame offensive degne di nota (fatta eccezione per i guizzi dei singoli) e una difesa in costante affanno. Non un bel segnale per un gruppo che sta vivendo il suo “anno zero” e che dovrebbe gettare le basi per la ricostruzione.
Una ricostruzione che non puó aggrapparsi ancora una volta a Diego Milito, invocato troppo spesso come deus ex machina e regolarmente costretto ai box da un fisico ormai troppo fragile.
L’Inter ha bisogno di voltare pagina se vuole ripartire e per farlo ha bisogno innanzitutto di un progetto condiviso. Una comunione di intenti che evidentemente devono ancora trovare Thohir e Mazzarri, visto che il primo insiste nel parlare di giovani mentre il secondo sostiene che “con i giovani, in Serie A, si fanno 50 punti”.
Possibile che la provocazione del mister non sia poi così lontana dalla realtà ma viene da chiedersi se, per una società che deve pianificare un nuovo ciclo, conti di più chiudere il campionato al sesto posto – sfruttando le ultime cartucce di giocatori sul viale del tramonto (come Cambiasso, Zanetti, Samuel e Milito) – o chiudere con qualche punto in meno la stagione avendo costruito peró una squadra con del potenziale, fatta di giovani talenti (come Kovacic) con ampi margini di miglioramento.
La risposta per noi è scontata, soprattutto se si considera la parabola discendente dell’Inter dal 22 maggio 2010 a oggi e l’impossibilità di arrivare, almeno nell’immediato, a campioni di livello internazionale.
In alternativa qualcuno ci spieghi le ultime scelte di mercato. Non vorremmo sentir parlare di “anno zero” ancora per molte stagioni.
Alessandro Suardelli
(Twitter: @AleSuardelli)