La vittoria dei desaparecidos

Un girone fa: reduce da una buona prestazione contro la Juventus, tre vittorie in quattro partite, miglior attacco e miglior difesa del campionato, con il Principe che torna al gol l’Inter sembra pronta per tornare grande. Un girone dopo: reduce dalla figuraccia di Torino, alla seconda vittoria nelle ultime dieci gare, con un attacco sterile, una retroguardia impacciata e un Milito che sembra essere all’ammazzacaffè, l’Inter sembra ancora lontana dagli standard che noi tutti ci aspettavamo ed ora esigiamo.

L’Inter torna a vincere dopo il derby contro il Milan, casualmente (ma non troppo) anche l’unica squadra battuta dal Sassuolo da allora. Lo fa senza entusiasmare, annoiando, estenuando i coraggiosi spettatori, come è solita fare da un po’. Gli unici motivi di interesse vengono dal centrocampo: l’esordio di Hernanes, il ritorno di Guarin, le ragioni per cui Kuzmanovic è diventato titolare fisso mentre Kovacic marcisce in panchina ed infine i minuti in crescita di Botta che entro il 2017 potrebbe addirittura giocarne novanta.

Il Sassuolo è arrendevole, a dispetto dei propositi bellicosi di Squinzi ad inizio anno, e passerà alla storia come l’unica squadra incapace di creare grattacapi ad Handanovic nella stagione 2013/2014. Nella serata d’esordio del brasiliano Hernanes, a rendersi protagonisti sono, come spesso capita, gli argentini: per un Milito impreciso e deludente ci sono tre suoi connazionali che regalano dei rarissimi messaggi positivi. Il primo è Palacio, tornato per una sera il top player di inizio campionato: el Trenza corre e fa reparto da solo a causa dell’inconsistenza del suo partner, che tra l’altro prova a mandare in rete a più riprese. Il secondo è l’immarcescibile Samuel che pone il suo marchio su tutta la gara, tanto con i suoi duri interventi intimidatori a metà campo quanto con la classica zuccata che decide il match.

Il terzo argentino che merita una citazione non è né il sempre più convincente Botta, né Campagnaro, protagonista di un insignificante cameo, ma Javier Zanetti che, resosi conto di non poter essere utile alla SUA squadra come lo è stato anche da quarantenne sanno, accetta la panchina senza fiatare se non per incoraggiare i compagni di squadra. Come fa un campione. Come fa un vero capitano. Come fa chi merita un finale di carriera migliore di questo.

Giovanni Cassese

(Twitter: @vannicassese)

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