Ci sono momenti che vanno oltre il campo o la contingenza dell’attualità. Ieri Cristian Chivu è tornato dalla sua Romania a San Siro, ha lasciato per qualche minuto le stampelle che sostengono ogni suo passo, ha alzato il viso, ha sorriso, solare, al suo pubblico e al presidente Thohir. Tutti ci siamo commossi insieme a lui e a sua moglie Adelina. E abbiamo ricordato quel giorno disgraziato a Verona, in fondo fortunatissimo perchè lui è lì con noi, il caschetto, le vittorie, il coraggio che solo un uomo vero ha nei confronti della vita, la lealtà con cui soltanto un campione autentico onora la sua maglia.
Ha scritto qualche giorno fa che dedica tutto questo a suo padre, un mentore che non ha potuto vedere i successi. E ha definito così il suo percorso.
“Sono felice e triste allo stesso tempo, sto ridendo e piangendo e ho un incredibile senso di soddisfazione che le parole non riescono a descrivere. Il calcio mi ha offerto qualcosa che sarà con me per sempre. Mi ha insegnato il significato della passione e mi ha insegnato cosa sono il coraggio e il sacrificio. Hanno costruito un ponte tra sogno e realtà. So chi sono e cosa sono, so cosa ho ottenuto, come l’ho ottenuto e tutto quello che posso dare è che è stato un viaggio che mi ha messo alla prova. Ma durante questo viaggio non ho mai abbandonato i miei sogni. Non ho mai abbandonato la battaglia con le sfide che mi ha presentato il destino. Ho affrontato queste sfide con la forte convinzione che avrei avuto successo, che sarei andato avanti, che un giorno avrei guardato i miei figli e loro mi avrebbero ringraziato con un abbraccio. Niente di più”.
“Ringrazio i miei genitori per la buona educazione che mi hanno insegnato. Ventiquattro anni fa mi sono imbarcato in questo fantastico viaggio, incoraggiato dall’uomo che è stato il mio modello e la mia fonte di ispirazione. Ci ha lasciato otto anni dopo e ho pensato fosse finita per me. Avevo 17 anni. Quell’uomo era mio padre, il mio allenatore, il mio amico ma anche il mio più grande critico”.
“E’ la prima persona a cui vorrei dire grazie, perché durante la mia carriera ho sempre sentito la sua presenza. Ho sempre cercato di essere come lui: dignitoso, coraggioso, ambizioso, corretto, proprio come mi ha insegnato. Ho cercato soprattutto di essere un uomo, prima di essere qualcuno. Avevo bisogno di mio padre più di quanto chiunque possa immaginare, forse anche più di quanto io immaginassi, durante questo viaggio”.
“Un grande grazie va anche ai miei allenatori: quelli che hanno visto il mio debutto nel calcio, così come quelli con cui ho lavorato durante la mia carriera e che sono stati una continua ispirazione per me”.
“Ringrazio tutti i club per cui ho giocato, prima per la loro fiducia e poi perché mi hanno offerto la possibilità di crescere in diverse città e paesi, che mi hanno aiutato a diventare una persona migliore. Ringrazio tutti i tifosi delle squadre per cui ho giocato. Senza la loro passione e il loro supporto non avremmo potuto raggiungere le vittorie che abbiamo raggiunto. Ho sempre onorato e rispettato la storia e la tradizione dei club per cui ho giocato”.
“Grazie allo staff medico, ai dottori e ai fisioterapisti, per avermi offerto comprensione e supporto morale, per non aver mollato nonostante io detenga forse il record per gli infortuni. Permettemi un ringraziamento speciale per il mio dottore e amico Franco Combi. Se non fosse stato per lui, non sarei qui a scrivere”.
“Grazie a tutti coloro che lavorano dietro le quinte, che svolgono un ruolo importante in una squadra di calcio: persone che ci sono vicine, che interagiscono con noi e che cercano di soddisfare ogni nostro capriccio: cuochi, magazzinieri e tutto il personale. Grazie con il mio rispetto e la mia ammirazione. E arrivederci dopo tanti buongiorno”.
“Ho incontrato molti giocatori durante la mia carriera. Vorrei ringraziarli per il rispetto e vorrei dire loro che è stato un privilegio essere loro compagno e loro partner in tante battaglie, condividendo sconfitte e vittorie. Sarete sempre nel mio cuore. Soprattutto, mi mancherà lo spogliatoio”.
“E poi, non ultima, vorrei ringraziare mia moglie, Adelina. Ha rinunciato ai suoi sogni per essere con me, siamo cresciuti insieme lontani da casa e insieme abbiamo superato le avversità. Mi ha capito e appoggiato nei momenti duri. Mi ha offerto amore, pace e una famiglia, quella che ho sempre sognato. Ringrazio le mie due figlie, Anastasia e Natalia, che hanno fatto sì che io non fossi mai triste e che io dimenticassi la tristezza in un istante. Loro, e mia moglie, valgono più di qualsiasi successo professionale”.
“Sono entrato nel mondo del calcio come un ragazzo, un sognatore con tanta ambizione – lo lascio con i capelli grigi, qualche cicatrice e la convinzione che il mio cuore sia dove debba essere, anche se ho sempre dato tutto per le squadre con cui ho giocato. Papà, spero tu sia fiero dell’uomo che sono diventato. Questa è la fine di un viaggio e l’inizio del resto della mia vita”.
Fonte: inter.it
This post was last modified on 7 Aprile 2014 - 12:33