Per una favola che continua ce n’è una nuova che nasce. Quella del Borussia Dortmund va avanti da un paio di anni, dalla vittoria della Bundesliga nel 2011, bissata nel 2012, e ha toccato il suo apice con la finale di Champions dello scorso anno persa contro il Bayern del Triplete. Ieri sera è nata quella dell’Atletico Madrid, che davanti a un Calderòn strapieno ha eliminato i “marziani” del Barcellona e raggiunto così la semifinale di Champions dopo 40 anni.
Borussia e Atletico vanno a braccetto per vari motivi: esprimono un gioco di squadra, chi basato sulla tecnica e sulla velocità (Borussia), chi sul carattere e l’organizzazione (Atletico); hanno un allenatore giovane e capace, Klopp e Simeone; ma, soprattutto, sono riuscite ad arrivare sul tetto d’Europa (o quasi) senza avere milioni di euro da spendere nelle sessioni di mercato. Segno che quando c’è un progetto tecnico valido, supportato dalla società con la giusta pazienza, si può costruire una squadra dalle fondamenta e ambire a traguardi importanti.
Falcao e Gotze, due pezzi da novanta, fondamentali per i traguardi raggiunti nelle ultime stagioni da Atletico e Borussia, in estate hanno detto addio ai club. Ma Simeone e Klopp non si sono pianti addosso: hanno continuato a lavorare con quel che avevano a disposizione. I risultati si sono visti: l’Atletico ha visto la definitiva consacrazione di Diego Costa, ma anche la crescita esponenziale di Koke, Raul Garcia, Miranda; il Borussia ha investito su Mkhitharyan in estate, e lavorato sui meccanismi perfetti della squadra, sull’asse Reus-Lewandowski. Così il Real Madrid è stato messo in seria difficoltà dai ragazzi di Klopp; mentre l’Atletico è riuscito nell’impresa: spazzare via Messi e compagni dalla Champions, dove negli ultimi sette anni avevano sempre raggiunto la semifinale.
Imprese difficilmente spiegabili se non si guarda lontano, al lavoro paziente e preziosissimo dei tecnici che, giorno dopo giorno, hanno forgiato due squadra oggi invidiate da molti. Una risposta netta a chi dice che con i giovani non si può lavorare, che servono per forza giocatori d’esperienza. Uno schiaffo alle italiane, in primis alla Juventus: ieri sera nell’Atletico erano in campo sia Tiago che Diego, due che a Torino non hanno lasciato il segno, capitati forse nel momento sbagliato, ma lasciati andare senza rimpianti. Ieri hanno fatto una partita perfetta, contro il Barcellona.
L’Inter oggi può solo guardare da lontano e invidiare queste realtà: squadre validissime, create senza grandi fondi a disposizione. Anzi reinvestendo i soldi ottenuti dalle cessioni estive. Borussia e Atletico sono la prova che i milioni contano, ma non sono fondamentali per costruire squadre in grado di competere con le big a livello europeo. Un motivo in più per alimentare i rimpianti del popolo nerazzurro per il declino post Triplete.
This post was last modified on 10 Aprile 2014 - 18:29