Mancini sa di aver accettato probabilmente la sfida più difficile della sua vita. E in occasione della sua nomina ad ambasciatore Unicef, lo ribadisce nell’intervista alla Gazzetta dello Sport. “Prima di tutto però dedico questo incarico a tutti i bambini del mondo. Fare bene e aiutare è sempre fondamentale”.
Poi, nei suoi pensieri c’è spazio per la sua nuova Inter: “Diversa da quella vecchia? Abbastanza. Ma c’è una sola certezza: mai guardare la classifica adesso. Troppo presto per farlo e con due vittorie potrebbe cambiare tutto. Quel che è certo è che da qui a Natale si devono fare più punti possibili”. Il neo tecnico dell’Inter dimostra anche una certa attitudine nell’adattarsi alle qualità dei giocatori: “Il modulo non conta niente, serve la mentalità e qui va cambiata. Se i giocatori mi dicessero di trovarsi meglio col vecchio modulo, cambierei subito. A me non interessano i giornali e le chiacchiere, guardo per la mia strada e basta”.
Così come aveva fatto nel post partita, Mancini non nasconde gli errori commessi contro la Roma: “Sul gol di Holebas dovevamo fermarlo prima anche con un fallo. Il terzo di Pjanic è un’altro errore, la palla è stata troppo tempo nella nostra area. Ma mi è piaciuta la voglia della squadra ed il fatto che abbia rimontato due volte”. Il “Mancio” è sempre stato abituato ad avere grandi squadre e ovviamente apre al mercato di questa Inter: “Ho già un’idea su quello che si deve fare. Fra una settimana parlerò con la società. Va fatto un mercato intelligente che possa migliorare quello che abbiamo e che nel giro di un anno ci porti fra le grandi”.
Non ci sta sull’espulsione rimediato all’Olimpico: “Non ci sta la squalifica, non ho capito la mia espulsione. Spero di non essere fermato. La moviola in campo? Solo per i gol fantasma”. Mancini chiude con i sogni suoi e della sua Inter: “Ci giochiamo il terzo posto con Napoli, Fiorentina e Milan e io sono convinto che qualcosa di buono arriverà. Pentito di essere tornato? No… Forse dovevo pensarci prima”.
E sicuramente, anche se ci avesse pensato prima, non avrebbe rinunciato a una squadra alla quale è immensamente legato.