Inter, è sempre la stessa storia

Sono anni ormai che il tifoso interista, per quanto possa essere appassionato a questi colori, non riesce a essere orgoglioso di tifare una squadra che solo qualche anno fa aveva vinto tutto, nel vero senso della parola. Un baratro interminabile, angoscioso, dal quale si può uscire ma probabilmente anche la rosa di questa stagione, pur avendone le carte in regola, non ci riuscirà. Anzi, la cosa peggiore è che le ultime deludenti annate sono davvero una peggio dell’altra e forse basta questo a confermare che sebbene il progetto sia anche ambizioso e ben impostato, è proprio il livello reale dei giocatori a non poter garantire molto di più dell’attuale posizione in classifica.

Ieri c’era l’occasione, l’ennesima occasione, di rimettersi in carreggiata dopo che quasi la totalità delle pretendenti al terzo posto aveva subito un minimo rallentamento. Era anche la serata di dimostrare, una volta per tutte, che l’effeto Mancini poteva ancora produrre quella scia di entusiasmo, sicurezza e vivacità successive a ogni cambio di allenatore. Invece ci si ritrova a parlare di un punto in tre partite e di una classifica che piange.

Eppure ieri si è visto un ottimo primo tempo, con una squadra che ha praticamente schiacciato gli avversari che si sono limitati a contenere nella speranza di subire il meno possibile. Approccio alla partita perfetto, se non fosse che capitalizzare con un solo gol un predominio totale espone poi al solito rischio di vedere riaperta dal nulla una partita che si poteva tranquillamente vincere, specialmente una volta passati in vantaggio. E invece dopo l’intervallo scende in campo una squadra confusa, timorosa nel gestire il risultato e con la fretta di chiudere la partita per evitare ulteriori ansie. Proprio da questa preoccupazione è nato il non-gioco che ha permesso alla squadra dell’ex Stramaccioni di agguantare il pari con il gran gol di Fernandes e mettere ancora più pressione a dei giocatori che aspettano solo di uscire dal tunnel, senza sapere come però.

Allora nessuno si stupisca se poi dopo il pareggio dell’Udinese la squadra vada completamente in tilt temendo che anche quella partita fosse ormai compromessa e di conseguenza caricandosi di un eccessivo fardello che psicologicamente questi giocatori non sanno reggere. Perciò, da classica Pazza Inter, non poteva accadere altro che l’inspiegabile. Harakiri di Palacio che emulando la prodezza di Guarin che mandò in gol l’anno scorso Emeghara del Livorno, decide di mettere in porta Thereau, ovviamente freddissimo nella circostanza come ogni giocatore al cospetto di Handanovic (escludendo i tiri dal dischetto).

Una squadra con un minimo di attributi avrebbe almeno avuto la forza di metterci un pò di cattiveria nel finale macinando occasioni su occasioni come magari fatto proprio nell’ultima giornata da Roma e Napoli in partite dallo stesso coefficiente di difficoltà. Ma niente. Solo confusione e ansia da prestazione che portano alla quinta sconfitta stagionale e all’ennesima occasione sprecata. Non solo da tifoso, ma da appassionato di calcio in generale, emerge un forte dispiacere nel vedere giocatori totalmente stravolti come Palacio, che sta diventando un vero tabù di questa stagione, ormai evanescente e mai come ieri utile solo agli avversari.

Ci sarà da lavorare davvero tanto per risollevare una stagione che sembra compromessa e forse solo il mercato di gennaio può dare qualche nuovo spunto su cui lavorare per Roberto Mancini, che necessita di almeno due profili di alto livello per ridare fiducia a una squadra ormai non più temuta da nessuno come dimostrato dall’atteggiamento propositivo con cui tutti gli avversari giungono a San Siro. Perchè se non fosse per i colori e per il nome che porta, probabilmente potremmo facilmente confondere il valore di questa rosa con quello di tutte le squadre di metà classifica che hanno ambizioni ben diverse dalla ormai utopica Champions League.

 

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