La Gazzetta dello Sport odierna si sofferma molto sui cambiamenti di Roberto Mancini in questo suo secondo mandato nerazzurro rispetto al periodo fra il 2004 e il 2008. In particolar modo è stata data molta importanza agli anni vissuti in Inghilterra, risultati decisivi per la definitiva formazione e maturazione del tecnico jesino.
I tifosi nerazzurri ricordavano infatti un giovane allenatore, elegante ma fumantino, facile a stizzirsi sia con gli arbitri, che con i suoi avversari fuori dal campo. In queste prime sei partite della sua nuova avventura invece, Mancini ha mostrato una calma serafica degna di un vero maestro zen. Si è astenuto dal commentare le antiche vicende di Calciopoli nella conferenza stampa di presentazione e ha sempre avuto un atteggiamento coerente e rispettoso nei confronti degli arbitri, evitando addirittura di criticare Mazzoleni dopo l’ingiusta ed esagerata espulsione di Roma. In Inghilterra ciò che conta veramente è lo spettacolo in campo, non le polemiche dell’esterno: quattro anni sono stati più che sufficienti per liberarsi di abitudini prettamente italiche.
Anche dal punto di vista tattico il Mancio si è presentato con novità importanti. Non ha mai disdegnato l’ opzione del difendersi a oltranza quando ce n’era bisogno, ma la sua idea di calcio è decisamente cambiata all’estero. Al City ha varato un 4-2-3-1 dedito allo spettacolo e con l’obiettivo di segnare sempre un goal in più dell’avversario, non subirne uno in meno. All’Inter ha intenzione d riproporre tale schieramento ma, constatando la povertà di materia prima nel ruolo di ali, ha subito capito come il 4-3-1-2 fosse un’ipotesi più plausibile e adatta alle esigenze della rosa. Inoltre, il suo atteggiamento più da psicologo e protettivo nei confronti dei giocatori attuali, reduci da mesi tormentati, nasce dall’esperienza di aver avuto a che fare molto spesso in passato con campioni di caratura mondiale.
Anche le metodologie di lavoro sono in parte cambiate. I periodi di tempo in sala video son sempre meno frequenti e il pallone è sempre il protagonista in ogni momento, dagli esercizi tecnico-tattici alle parti di atletica; ogni esercizio e ogni movimento è finalizzato a ciò che può accadere nell’arco di una partita. Inoltre, col suo passato da giocatore sempre più lontano, si astiene dal giocare le partitelle, conscio di un’età che avanza.
Età che, fortunatamente, procede di pari passo con la saggezza e la maturità. Basteranno queste caratteristiche a riportare l’Inter al successo?