La gara contro il Torino ha dimostrato in maniera inequivocabile di come l’Inter abbia bisogno di molta più velocità e qualità nel proprio gioco per riuscire a far male ad un avversario che, venendo a giocare a San Siro, ha per prima cosa badato a difendersi e ripartire.
Un leit motive che molto probabilmente verrà riproposto in altre occasioni e la squadra nerazzurra dovrà essere brava a tenere molto più alti i ritmi della partita, aggredire l’avversario con ferocia e avere quella fame intrinseca delle squadre vincenti.
Tutti aspetti che Roberto Mancini dovrà cercare di correggere se l’obiettivo sarà quello di fare molta strada nelle tre competizioni a cui l’Inter sta partecipando a questo punto della stagione. Crescita che dovrà passare attraverso soprattutto i propri uomini chiave che il tecnico jesino li vede principalmente legati a quel reparto offensivo molto criticato al termine del match contro i granata.
La lente d’ingrandimento è andata a parare ovviamente anche su Mateo Kovacic e Mauro Icardi, due giovanissimi giocatori che l’Inter sta coccolando perché intravede la stoffa dei futuri campioni. Quelli visti ieri sul prato del ‘Meazza’, purtroppo, non hanno risposto presente in una gara chiave per il proseguo di stagione nerazzurra per la corsa in un posto in Champions dalla via del campionato.
Per quanto riguarda il talento croato purtroppo il problema sta nell’inquadratura tattica. Si è più volte detto che il suo ruolo sia quello del regista in grado di far girare il resto della squadra, ma la discontinuità non sta accelerando il processo di crescita e Mancini è costretto a far giocare nella zona nevralgica del campo giocatori più muscolari e che sappiano dare più garanzie in termini di temperamento e spessore. Mateo è un diamante grezzo che ha bisogno di essere curato, ma in questo momento pare prematuro basarsi su di lui per invertire la rotta del gioco e dei risultati.
Discorso simile anche per quel che concerne Mauro Icardi. L’attaccante argentino, seppur autore di 10 gol in 20 presenze stagionali in campionato, non dà ancora l’idea di poter essere quel centravanti leader capace di cambiare l’inerzia della partita da solo. Spesso risulta poco mobile e senza quella predisposizione a fare parte della manovra dei compagni e, qualora non gli arrivano dei palloni giocabili, il suo contributo risulta per lunghi tratti praticamente nullo. Un aspetto che Mancini ha sottolineato, esortando Maurito a cambiare la testa e imparare a sacrificarsi di più per la comune causa se il suo obiettivo sarà quello di diventare un grandissimo attaccante e non solo un buon realizzatore.