È arrivato nel gennaio del 2013. Presentato come giovane prodigio, un investimento che meritava il sacrificio, poco remunerativo, di Coutinho. Oggi Mateo Kovacic soffre di una grave crisi d’identità.
A dirla tutta, i continui cambi tecnici in panchina hanno rallentato la sua crescita, non trovando una continuità né a livello prestazionale né sul campo, venendo sempre spostato da una posizione all’altra. Ripercorrendo la sua avventura nerazzurra, infatti, scopriamo che Kovacic ha giocato: davanti alla difesa come perno centrale, da mezzala destra, mezzala sinistra, trequartista, ala sinistra, seconda punta. Il talento croato ha avuto un ottimo rendimento, fornendo prestazioni degne di nota, solo nel periodo in cui Mazzarri aveva deciso di farlo giocare da mezzala sinistra, ruolo che lo stesso giocatore non nasconde di preferire in assoluto.
Quando è stato schierato davanti alla difesa, alla Pirlo per intenderci, i risultati sono stati catastrofici: basta ricordare Fiorentina – Inter 4-1 o Juventus – Inter 3-1. Ovviamente non si possono imputare questi risultati solamente a Kovacic, ma di certo non si possono non tenere da conto. È certo che un giocatore con la sua leggerezza difensiva, punto su cui lo stesso Mazzarri insisteva molto, non può esser schierato da regista con una difesa estremamente ballerina come da qualche anno a questa parte è quella nerazzurra.
Come detto, il numero 10 nerazzurro trova il suo ambiente ideale quando riceve palla in mezzo al campo e può puntare la porta. Schierato defilato, da ala, o con spalle alla porta, da trequartista o da seconda punta, non riesce ad incidere e spesso finisce per nascondersi tra le maglie avversarie, schiacciato tra le linee di difesa e centrocampo, non concedendogli lo spazio necessario per la sua esplosione.
Proprio ieri, tra l’altro, si è notato come il suo livello prestazionale cambi dal bianco al nero spostandolo appena di qualche metro avanti o indietro. Entrato per sostituire Shaqiri, infortunatosi ad inizio gara, viene subito proposto da trequartista, senza però incidere e, anzi, non trovandosi nemmeno con i compagni. La sua stessa visione di gioco, suo tratto distintivo, diminuisce esponenzialmente. Ieri sera i suoi passaggi erano prevedibili, non riuscendo a vedere i movimenti degli altri giocatori ma solo di quelli a lui più vicino.
Ma come detto, quando l’Inter si è ritrovata a giocare in 10 per qualche minuto, fino a quando Santon non è entrato per l’infortunato Dodò, Kovacic è andato a prendere il posto di Medel in mezzo al campo, scalato a terzino sinistro, e in quel periodo di partita si è visto il vero numero 10. Prendeva la palla in mezzo al campo e puntava gli avversari, che solo con le maniere forti riuscivano a fermare la sua accelerazione e dribbling preponderante. A sostituzione avvenuta, poi, Mr. Mateo ha ripreso il suo posto dietro la punta nel 4-2-3-1 disegnato da Mancini, tornando a spegnersi piano piano tra le maglie bianconere, cedendo il volante della manovra a Medel.
Proprio il cileno, per quanto possa essere importante nella fase di non possesso, quando si tratta di costruire il gioco risulta fin troppo compassato, con troppi tocchi di palla e pochissime idee. Mister Mancini ha senza dubbio ragione quando dice che i grandi giocatori devono saper interpretare più ruoli, ma se Pirlo rende magnificamente davanti alla difesa, qualcuno sognerebbe mai di riproporlo da trequartista? Kovacic è un giovane che deve ancora completare la propria formazione, ma prima di tutto deve trovare il proprio ruolo ideale. Fino alla rivoluzione Mancini, cioè fino a quando ha giocato da mezzala sinsitra, era il giocatore con il maggior numero di dribbling riusciti in Serie A, non un caso.
Ormai questa stagione ha poco da dire, a meno di incredibili ribaltoni, tanto vale, dunque, iniziare a lavorare in vista della prossima. Insegnare a Kovacic come stare nei due davanti alla difesa nel 4-2-3-1, modulo che Mancini ha intenzione di riproporre, potrebbe regalare all’Inter un giocatore tutto nuovo e finalmente completo.