La telenovela dell’estate, o almeno la più chiacchierata, è giunta al termine. Ed esattamente com’era iniziata la sessione del (fanta) mercato nerazzurro, così è finita: e vissero felici e contenti.
“Sono felicissimo. Questo dev’essere l’anno dell’Inter”. Parole e musica di Ivan Perisic, tanto richiesto, inseguito e finalmente sbarcato a Milano. Un investimento importante, da acquisto definitivo, rateizzato ma pur sempre definitivo e quindi, dati il desiderio e l’esborso, tutti si aspettano che sia anche il suo anno.
Ancora una volta il duo Ausilio-Fassone (o trio insieme a Mancini) ha portato a casa la posta, senza farsi trasportare dai sentimenti, senza farsi prendere dall’ansia: attesa ed agguato, caccia conclusa.
Sì questo deve per forza essere l’anno dell’Inter. Non tanto perchè bisogna che la Beneamata vinca subito trofei, quanto per la vera creazione di un nuovo ciclo, di un progetto credibile e chiaro e per la reazione di un gruppo che meriti di essere il portacolori della prima squadra di Milano e, per citare Kondogbia, di uno dei primi 10 club al mondo.
Il condottiero Mancini, contrariamente a ciò che molti tromboni della prima e dell’ultima ora dicono e pensano (esattamente in quest’ordine), ha sempre avuto le idee chiare, è stato, evidentemente più che convincente con Thohir e la società e non ha mai mentito.
O forse sì, oggi per la prima volta ha mentito, dicendo che delle trattative lui non sa nulla e quelle che i tifosi ancora si aspettano sono molto difficili da chiudere in pochi giorni.
All’idea del Mancio mancano all’appello almeno un altro esterno alto ed un terzino (ed un centrocampista?) e la società farà i salti mortali per farli arrivare quanto prima.
Chi siano i prescelti non è dato sapersi, Ausilio è in grado di stupire tutti con dei nomi a sorpresa proprio all’ultimo, ma i preferiti del timoniere nerazzurro sono Siqueira e, naturalmente, il Pocho Lavezzi.
Il mister è soddisfatto, ha creato e sta creando, come dimostra l’abbraccio al gol di Jovetic contro l’Atalanta (che rimanda con i ricordi ai tempi di Mourinho e Leonardo), una famiglia, un gruppo unito e compatto con la massima voglia e concentrazione per vincere, o almeno lottare, in ogni battaglia.
La società ha dimostrato di non nascondersi dietro un dito, con annunci, slogan e FFP, ma, UNITA, è andata all’arrembaggio di pezzi da 90 o di giovani pronti (ma davvero pronti) ad esplodere.
I giocatori, vecchi e soprattutto nuovi, sono orgogliosi e motivatissimi, credono nel progetto e si sono scrollati di dosso le vesti da provinciali, consci di lottare e vincere per il blasone e la storia che questo club detiene.
Il mercato non è finito, il campionato è solo all’inizio ma non può che essere l’anno dell’Inter o almeno l’anno per tornare ad essere Inter (con la sua Pazzia).