Piero Ausilio è stato ovunque apprezzato per il mercato portato avanti negli ultimi mesi e per la squadra allestita e messa a disposizione di Mancini, tecnico che, non va affatto dimenticato, ha avuto un ruolo importante per il concepimento di questa rosa, sia per le idee fornite in materia di ruoli e identikit di giocatori, che per il convincimento di alcuni elementi ritenuti fondamentali; lampante, in tal senso, il caso-Kondogbia, convinto dal progetto nerazzurro soprattutto per l’insistenza del suo attuale allenatore. Tralasciando critici, giornalisti ed esperti illustri, sono proprio i tifosi nerazzurri i più cauti nel giudizio, forse perché sono memori dei recenti fallimenti di Shaqiri e Podolski, protagonisti mancati di un’altra sessione che si presentava formidabile, sulla carta. Oppure perché la partenza di giocatori tecnici come Kovacic, Hernanes e Shaqiri lascia posto a più di qualche interrogativo, come l’arrivo, forzato dal tecnico, di Felipe Melo, o la lunga telenovela che ha permesso a Perisic di vestire il nerazzurro soltanto a due giorni dal termine del mercato, dopo una trattativa durata oltre due mesi.
Proviamo dunque a capire, senza facili entusiasmi, perché Ausilio ha fatto la differenza, perché questo mercato va accolto con una bella dose di soddisfazione e con un ottimismo…cauto, per dirla alla Fassone, un altro che di aerei, telefoni e fax ne avrà visti a bizzeffe negli ultimi tempi. Innanzitutto, c’è da dire che quest’Inter è frutto di un’idea ben precisa e delineata nella testa di Mancini, i giocatori cercati e comprati facevano e fanno parte di un progetto tecnico chiaro fin dall’inizio. Non è stato un mercato di opportunità, non si è stati alla finestra per il giocatore a parametro zero, per quello che aveva problemi di rinnovo con la sua società, per quello che non si trovava bene e voleva cambiare aria. NO. C’era un elenco, dei nomi e una penna per cancellarli, ogni qualvolta un obiettivo sfumasse o fosse stato raggiunto. Servivano più attaccanti, soprattutto esterni e di qualità: son così giunti Jovetic, Perisic e Ljajic, tutti giocatori che hanno dimostrato di competere ad alti livelli e per obiettivi di primo piano, di non aver paura di recitare un copione da protagonisti. Serviva una coppia centrale di difesa nuova di zecca, immune dalle diavolerie di Ranocchia e Juan Jesus ed ecco Miranda e Murillo, esperienza e gioventù, saggezza ed esuberanza, già pronta nelle prime di settimane. Si necessitava di un terzino sinistro di piede e allora altro bagaglio dalla Turchia contenente Telles, con buona pace dei D’Ambrosio e Nagatomo non venduti. A centrocampo c’era bisogno di gente che abbinasse quantità e qualità, di atleti rocciosi, di corazzieri che non tralasciassero troppo l’aspetto tecnico. Ecco dunque serviti Kondogbia e Felipe Melo, fusti giganteschi e da subito nei pensieri del Mancio. Pazienza se Kovacic e Hernanes non rientravano alla perfezione in questo scacchiere, ma almeno uno scacchiere esiste, e per di più con le pedine giuste. Almeno sono stati venduti egregiamente, non come un certo Sneijder mandato in Turchia per appena 7 milioni, lontano da una squadra che, ancora oggi, a ripensarci, non sapeva né di carne e né di pesce, sballottata tra moduli e idee tattiche diverse e confuse (Stramaccioni docet).
Questa Inter ha la sua natura, la sua connotazione, c’è da vedere se si rivelerà quella giusta per imporsi. Saranno i prossimi mesi a stabilirlo. Nel frattempo si può sorridere e rilassarsi per quanto fatto. Il campo penserà a toglierli o ad allargarli.
This post was last modified on 3 Settembre 2015 - 15:51