Se Mancini voleva segnali forti, ieri sera gliene è arrivato uno potente e diretto. Adem Ljajic, chiamato in causa per vincere la sfida di Palermo, ha messo in mostra abnegazione e qualità, rendendosi pericoloso in più circostanze e creando nitide palle goal, che i suoi compagni non sono riusciti a sfruttare solo per la bravura del portiere Sorrentino e dei suoi attenti e impavidi difensori.
Gran bei passaggi filtranti che Nagatomo e Biabiany non hanno sfruttato per un pelo, a pochi passi dalla via del goal. Si è dato da fare, ha creato, si è messo in evidenza ma senza egoismo e senza la voglia di strafare. A disposizione dei compagni e della squadra, mettendo il risultato della squadra al primo posto, più della sua voglia di mettersi in evidenza a tutti i costi. In una squadra in cui il carattere prevalente è quello della fisicità, della robustezza, della muscolarità, ci vuole quel tocco di classe e di genialità che sappia sbrogliare le matasse più complicate, perché il solo Jovetic rischia di non essere sufficiente. Mancini, che come giocatore era molto simile all’ex Roma, pretende molto da uomini del genere e forse ieri ha iniziato a volere quello che si aspettava e che attende tuttora. L’Inter ha bisogno di classe, fantasia, eleganza e colpi di genio. E’ dunque obbligatorio aspettare il serbo e dargli il modo di esprimersi a dovere, perchè va bene la grinta e l’energia, ma il calcio è lo sport giocato con i piedi e non si può per nulla fare a meno di quelli che la sanno adoperare bene.