Niels Liedholm, ex grande giocatore e allenatore, sosteneva seriamente come giocare in 10 fosse più semplice di essere in 11. Spesso questa frase è stata ripresa soprattutto per il suo tono paradossale perchè comunemente il giocare in inferiorità numerica è considerato ancora un handicap, una difficoltà in più nell’arco di una partita. Eppure l’Inter delle ultime due partite, quella vista contro Bologna e Palermo, ha dato il meglio di sé proprio quando è rimasta sotto di un uomo per le espulsioni severe di Murillo e Felipe Melo, che hanno costretto i nerazzurri ad uno sforzo gigantesco per centrare la vittoria. Riuscito soltanto in un caso e mancato per un pelo soltanto nella trasferta siciliana. Un segnale evidente quanto strano. Perché l’Inter si accende solo nelle difficoltà? Perché non ha mai continuità di gioco nell’arco dei 90 minuti? Perché l’impatto iniziale è sempre piatto, scialbo, senza troppa enfasi? Mancini è consapevole dell’esistenza di queste problematiche, ma sembra ancora distante dal raggiungimento di una soluzione.
Forse il dare il meglio di sé con l’uomo in meno è una conseguenza innanzitutto caratteriale: quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare, nelle difficoltà si tira fuori il meglio di sé e tanti altri luoghi comuni che, in questa situazione, cascano a pennello e paiono calzanti alla perfezione. La squadra si compatta nel momento del bisogno e trova quelle energie e quei colpi che, però, servirebbero già in precedenza. La manovra lenta e prevedibile è il primo problema e capo d’accusa, ma non pare essere affatto di facile risoluzione. Felipe Melo è meglio di Medel ma non è un regista e la sua visione di gioco è comunque limitata e non propensa ad effetti scenici strabilianti, quanto più verso l’essenzialità e la ricerca del non errore. Kondogbia non ha caratteristiche di costruzione nelle sue corde e nemmeno Guarin. Brozovic è forse colui che, più di tutti, è in grado di trovare con facilità la profondità e optare per la verticalizzazione. Anche lui ha nelle corde però capacità di inserimento e di puntare la porta, ragion per cui metterlo fisso dinanzi la difesa sarebbe forse limitativo per lui. Un regista puro non è stato voluto per scelta, con un mercato prettamente predisposto alla ricerca di muscolarità. Se la forza fisica e la prestanza sono ora qualità di questa squadra, è normale che il gioco viva fasi di stallo, sia lento e non proficuo per un calcio champagne.
La soluzione migliore appare essere il 4-2-3-1: con Ljajic ormai in rampa di lancio e un Biabiany sempre più inserito Mancini sarà pronto a togliere un uomo in più dalla mediana, puntando su una coppia di mediani e lasciando poi agli esterni e a Jovetic il compito di creare per sé stessi e per Icardi che, come dimostrato ieri, attende solo qualche buon pallone giocabile per insaccarlo nelle porte avversarie. Non tutti potranno essere di certo cioccolatini come quello di ieri, ma anche qualche palla un minimo più complessa può bastare. Almeno si spera.