EDITORIALE – La vergognosa ricetta della frittata rigirata

Ci avremmo giurato. Era facile da immaginare. L’Italia, terra fertile di dietrologie e pregiudizi, non poteva unirsi in un’unanime condanna, con successivo e dovuto stemperamento, dell’offesa proferita da Sarri nel finale infuocato della sfida di Coppa Italia. Il popolo italico, alla costante ricerca del post più esilarante delle miriadi di pagine Facebook esistenti, a cui porre il proprio like, non poteva soffermarsi un attimo a riflettere sul significato di quanto accaduto ieri sera al San Paolo. No, Sarri è troppo simpatico e fa giocare la sua squadra in maniera pressoché perfetta per essere attaccato così ingiustamente. No, Mancini è troppo arrogante, uno sbruffone raccomandato, un sopravvalutato che merita solo insulti per aver furbescamente creato ad arte un incredibile caso mediatico. Purtroppo, la concezione che si ha di determinate persone finisce con il corrodere i giudizi e le oneste valutazioni su qualsiasi caso, ragion per cui ne scaturisce una sconvolgente conseguenza: la colpa non è di chi calunnia o offende, ma di chi denuncia.

Un ragionamento consono per i capi mafiosi, che vogliono punire i pentiti, rei confessori di sporche verità. Un comportamento tipico dei bambini, per i quali chi fa la spia non è figlio di Maria. Chissà cosa avrebbe dovuto fare Roberto Mancini dopo essere stato apostrofato come “frocio e finocchio”. Magari doveva rimanere a meditare a lungo per elaborare un insulto altrettanto geniale, per poi tirarlo fuori alla prima occasione di un nuovo emozionante incrocio tra i due. Eh sì, perché “le cose di campo devono rimanere sul campo”. La banalità più assurda e trita per nascondere atteggiamenti non accettabili, comportamenti spiacevoli e improponibili cadute di stile. Peccato che il campo da gioco faccia parte della vita di tutti coloro che lì ci lavorano, spendono gran parte del loro tempo per guadagnarsi da vivere, offrire uno spettacolo godibile a coloro che lo guardano e, dunque, comportarsi da esempi. Pensate se un collega in ufficio vi aggredisse in un raptus di improvvisa follia e vi procurasse anche solo un minimo taglio superficiale, causando il vostro shock. E immaginate se, alla fine della giostra, qualcuno vi dica: “non lo denunci, ciò che accade in ufficio deve restare in ufficio”. Le circostanze sono ben differenti, ma il presupposto di base è lo stesso, ossia l’omertà e l’indifferenza come soluzioni idonee.

No, ci dispiace, ma noi non lo accettiamo. È giusto che si sappia che Sarri, per offendere un collega in seguito a una semplice discussione di campo, dica “frocio” o “finocchio”, facendo passare l’omosessualità nel 2016 come un indice di inferiorità, una macchia, una colpa, un pretesto per ingiuriare qualcuno. Per carità, non vogliamo additare Sarri come omofobo, lungi da noi tale intento, ma nel momento in cui, in conferenza stampa, un allenatore ammette che ha proferito determinate parole perché “sono le prime offese che mi sono venute in mente”, fa trasparire una certa dose di ignoranza, quanto meno comunicativa, perché non afferra la gravità del messaggio che sta mandando alla gente.  Ed è qui che capisci che il semplice momento di follia mentale, seppur breve e scosso dall’andamento di una partita, merita di essere punito. Non vogliamo stabilire noi le pene, ma ci teniamo a far capire dove si nascondono i veri errori, che sono nell’offesa e non nella denuncia. Perché alla fine, con tutto il rispetto possibile, Mancini ha vissuto e lavorato in contesti più alti di Eccellenze e disparati campionati interregionali, dove puoi sicuramente maturare una conoscenza sublime delle dinamiche tattiche e tecniche di gioco, ma dalle quali ti porti forse il bagaglio di offese e insulti che in piccoli paesi e realtà sono ancora all’ordine del giorno. Se invece sei stato all’estero, dove alle questioni comportamentali ci tengono molto, sai che non puoi permetterti determinati pregiudizi o clamorosi tonfi di tal genere, perché quando si arriva a livelli alti, soprattutto di pressione, si diventa modelli da seguire e i propri pensieri e modi di agire finiscono con l’avere profonda influenza in chi osserva e ammira.

La speranza dunque, è che qualcuno, vedendo Mancini ieri, abbia capito come ci voglia più coraggio nel lanciare e mettere a nudo un problema piuttosto che nell’ignorarlo e seppellirlo nel silenzio rimbombante di chi fa finta di niente. A costo di passare per furbi, subdoli, ipocriti, spioni. Qualcuno, da piccoli, ci insegna che in una discussione tra veri uomini bisogna vedersela personalmente, in privato, magari per vedere chi ce l’ha più duro. No, la realtà non è un film western, dove vince il cowboy più abile e veloce con la pistola. Qui non vince nessuno, ma è giusto che chi abbia sbagliato, seppur con una semplice parola, paghi. Certe cose si sconfiggono solo affrontandole e magari Sarri, la prossima volta, sarà attento a bilanciare la foga e la rabbia per evitare nuovi inconvenienti. Uno sport si rende più bello e credibile anche tramite queste piccole cose, non solo con il 4-3-3. Per favore, non rigirate la frittata.

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